"Non è reato"

Grazie di avermi chiesto cosa ne penso. Oggi ho fatto i compiti de mon mieux, corrigetemi ecc.

Abstract
La notizia non è una sorpresa, ma è deprimente lo stesso.

Introduction
Ieri sul Fatto Q., Gianni Barbacetto ha riassunto l’inchiesta della polizia giudiziaria sulle pubblicazioni “aggiustate” da famosi ricercatori milanesi per procurarsi milioni in fondi di ricerca pubblici e privati.
I pm Cajani e Filippini del tribunale di Milano hanno chiesto “l’archiviazione del caso” alla gip Sofia Fioretta, perché

  • I fatti sono stati accertati – scrivono – e le manipolazioni sono state provate, ma in Italia non esiste un reato che permetta di rinviare [gli indagati] a giudizio.

Manderanno il tutto alla Corte dei Conti che verificherà le “rendicontazioni” per i finanziamenti del Cnr.

Erano indagati Pier Paolo Di Fiore dell’Ifom, Alberto Mantovani dell’Humanitas, Pier Giuseppe Pelicci dello Ieo, e Marco Pierotti, Maria Angela Greco, Elena Tambuorini e Silvana Pilotti dell’Istituto Nazionale dei Tumori. Si erano costituiti parte civile il Codacons e la sua Associazione italiana per i diritti del malato, entrambi anti-vax, e soprattutto l’Istituto Nazionale dei Tumori e l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
Come s’era scoperto nel 2013 con Alfredo Fusco, l’Airc è afflitta non solo da photoshopping su scala industriale, ma anche dalla coincidenza tra chi ne assegna i fondi e chi li riceve – come ha scritto spesso Clare Francis su questo blog.
Meno male, i pm milanesi

  • hanno segnalato “gli evidenti conflitti d’interesse all’interno di Airc, la cui commissione consultiva scientifica decide sulla destinazione dei finanziamenti (raccolti in prevalenza con il meccanismo del 5 per mille) a favore di studi scientifici condotti dagli stessi componenti”. Tutto in famiglia.

Materials and methods
Non ho idea di quali siano le 25 pubblicazioni “manipolate” sulle 159 esaminate dagli esperti scelti dalla Procura, poi ridotte a 37. Siccome ce ne sono una novantina su PubPeer, son andata da PubPeer.

In un box, Gianni ricorda di aver raccontato tre anni fa i dubbi suscitati da un paper di Pier Giuseppe Pelicci, al che 200 colleghi di Pelicci avevano accusato il Fatto Q. di attaccare la scienza. Attaccava invece la propaganda mediatica costruita con risultati molto preliminari su pochi topi di laboratorio. Mi era parso il tipico esperimento statisticamente “under-powered” seguito da réclame ingannevole.
Son partita da lì.

Results
Su sedici paper di Pelicci et al., 8 hanno “problemi” che richiederebbero come minimo un corrigendum.

Per Elena Tamburini – agg. 5/7  Tamborini, grazie della correzione. Scusate il refuso e l’errore sulla persona, niente.

Conoscevo il photoshopping di Pier Paolo Di Fiore e, insieme o separatamente, di Marco Pierotti, Maria Angela Greco, Elena Tamborini e Silvana Pilotti. Un buon terzo è sconfortante…

Alberto Mantovani è il più celebre degli indagati. Lo conosco da decenni e credevo che fosse un pignolo. In otto pubblicazioni su PubPeer (sembrano 11, ma 2 sono di Roberto e 1 di Irina Mantovani), è ultimo autore e quindi responsabile di quattro a pieno titolo. Ho trovato un tantino “problematica” questa immagine riciclata da un esperimento pubblicato l’anno prima e debitamente citato nella nota 16. Però la didascalia non spiega a quali topi appartenevano fegato e rene.

Sarò pignola io, prof, ma il testo non aiuta perché parla di esperimenti al plurale.
Anche le altre quattro sono su riviste che non chiedono di indicare chi ha fatto cosa. Dubito che un grande barone faccia i gel di persona per finire nel mucchio degli autori, comunque:

  • il cropping è una sottolineatura lecita;
  • questa non l’ho proprio capita;
  • gli “smudges” non aggiustano i dati;
  • se la prima colonna NR è giusta, la seconda è sbagliata o vice versa. Di solito si risolve pubblicando quelle giuste in un corrigendum.

Discussion
Su Alberto Mantovani non mi sohttps://archivio.ocasapiens.org/index.php/2019/07/11/perche-non-e-reato/no ancora ricreduta, ma al suo posto avrei risposto subito ai dubbi di PubPeer. (Aggiunto 11/7: aggiornamenti qui)

Al posto dell’Airc e dell’Ist. Naz. dei Tumori pubblicherei l’elenco delle pubblicazioni “manipolate”, le richieste di finanziamento che hanno generato, e chiederei indietro i dané.

Conclusion
Da contribuente e da acquirente di arance della salute e stelle di Natale, son stufa di esser presa per una bovina da mungere.

Agg. 5/7 – rif. Enrico Bucci oggi, “La scienza, nonostante gli scienziati“.

13 commenti

  1. La cosa più putrida di queste associazioni è che sfruttano la buona fede di tante persone, come a suo tempo capitò a mia madre, che da insegnante in pensione dedicava un po’ d tempo alla promozione delle iniziative dell’AIRC.

  2. Duole ammetterlo, ma alla fine taroccare i dati si e’ rivelata una scelta vincente per queste persone. Basta guardare alle carriere che hanno fatto loro e molte altre persone che non sono riuscite a dare una spiegazione credibile alle contestazioni che venivano mosse ai loro lavori,

    1. arturo,
      da quello che ho visto, a volte non sono stati taroccati. Per esempio, adesso non si fa più, ma 10-15 anni fa si usava copia-incollare senza nemmeno dirlo. Era il modo più semplice di accostare le strisce significative prese da due immagini diverse – e c’è chi ne ha abusato.
      Alberto Mantovani ha dato spiegazioni credibili, ma il Mario Negri non trova l’originale. Vuol dire che non ha un archivista “digitale”. Sono cambiati i ricercatori, i computer, i software, senza un archivio aggiornato come si fa a ritrovarlo?

  3. >Alberto Mantovani ha dato spiegazioni credibili, ma il Mario Negri non trova l’originale. Vuol dire che non ha un archivista “digitale”. >Sono cambiati i ricercatori, i computer, i software, senza un archivio aggiornato come si fa a ritrovarlo?
    Non e’ il Mario Negro che deve trovare l’originale, ma Alberto Mantovani. E’ inutile giocare a scaricabarile. Quando sei ultimo autore di un articolo ti prendi tutti gli onori e oneri.

    1. arturo,
      Non e’ il Mario Negro che deve trovare l’originale, ma Alberto Mantovani.
      non funziona così, i dati sono “proprietà intellettuale” dell’ente che li ha pagati. E’ così dappertutto. Se lei, per esempio, va a lavorare all’ENI e gli porta un lavoro pagato dalla Exxon Mobil dov’era prima, commette un furto.

  4. Sylvie, mi duole contraddirla, ma la proprieta’ intellettuale significa che Mantovani non puo’ brevettare i dati senza il benestare del suo datore di lavoro. Rimane il suo (di Mantovani) dovere di conservare i dati originali e di renderli disponibili su richiesta.

    1. La propria intellettuale esiste anche se nessuno può brevettarla ed è priva di qualsiasi valore, arturo.
      Se pensa che non sia vero, la autorizzo a brevettare un mio articolo per il Sole-24 Ore, il primo che trova online. In cambio, le chiedo soltanto di farmi sapere cosa le risponde l’Ufficio Brevetti.

  5. Faccio a seguirla, Sylvie.. Aldila’ di tutto, rimane comunque il fatto che Mantovani aveva il dovere di mantenere una copia originale dei suoi dati e non l’ha fatto. Altro che pignolo!

    1. arturo,
      lei è sicuro che sia il suo dovere scaricare sul proprio pc un file che sta nel computer dell’azienda dove lavora?
      (può rispondermi tranquillamente, non sono della Finanza)

  6. Non ci capiamo. E’ un suo dovere mantenere una copia di tutti i raw data dei suoi esperimenti. Il suo datore di lavoro non puo’ impedirglielo. E se esiste una sola copia di quei dati se ne fa un duplicato ad alta risoluzione. Non e’ che quando qualcuno cambia datore di lavoro, non deve piu’ rispondere di quello che ha fatto precedentemente.

    1. arturo,
      Non ci capiamo.
      perché lei non risponde alla mia domanda sulla proprietà intellettuale. Se ci provasse – anche con un bene materiale, un microscopio per dire – secondo me capirebbe che un prodotto appartiene a chi lo ha pagato.
      Il suo datore di lavoro non puo’ impedirglielo
      Forse non ci riesce, ma dubito che sia contento di essere derubato – lei lo sarebbe?
      E se esiste una sola copia di quei dati se ne fa un duplicato ad alta risoluzione.
      E se lo porta a casa o, peggio ancora, a un concorrente commette un reato.
      Non e’ che quando qualcuno cambia datore di lavoro, non deve piu’ rispondere di quello che ha fatto precedentemente
      Certo, ma essere responsabile di qualcosa non significa esserne il proprietario.
      Scusi la domanda personale, ma potrebbe aiutarmi a spiegare con un esempio che la riguarda. Lei che mestiere fa?

  7. lei non risponde alla mia domanda sulla proprietà intellettuale. Se ci provasse – anche con un bene materiale, un microscopio per dire – secondo me capirebbe che un prodotto appartiene a chi lo ha pagato.
    Le rispondo dicendole che il dato continua a rimanere proprieta’ del Mario Negri. Mantovani doveva solo chiedere al suo datore di lavoro di poterne farne una copia proprio per poterne rispondere in casi come questi. Cosa non la convince?
    Forse non ci riesce, ma dubito che sia contento di essere derubato – lei lo sarebbe?
    Lei continua a considerare un furto una semplice copia di un dato fatta con il consenso del proprio datore di lavoro. Non e’ cosi’. Certo se poi ne faccio un uso non autorizzato di questi dati, ne rispondo in prima persona.
    E se lo porta a casa o, peggio ancora, a un concorrente commette un reato.
    Come ho detto prima, se ne fa un uso non autorizzato ne paga le conseguenze. Ma tanti ricercatori pubblicano dei dati dopo che hanno lasciato il precedente posto di lavoro. E spesso per fare cio’ devono portar via una copia dei loro dati originali. Il contributo del precedente datore di lavoro viene riconosciuto in questi casi menzionando nelle affiliazioni anche la precedente provenienza del ricercatore.
    Scusi la domanda personale, ma potrebbe aiutarmi a spiegare con un esempio che la riguarda. Lei che mestiere fa?
    Faccio l’operatore ecologico.

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