Certezze nuvolose

Dispiace per chi spera ancora di incolpare del riscaldamento globale l’attività del Sole unita a quella dei raggi cosmici, un’unione che l’esperimento CLOUD al Cern dovrebbe imitare onde emettere la sentenza definitiva sull’innocenza dei gas serra. Oppure, faute de mieux, onde accrescere dubbi ed incertezze sul contributo degli aerosol alla formazione delle svariate nubi, e sull’importanza di queste nel cambiamento climatico in corso.

Dopo le misure dei raggi cosmici, dell’attività solare ed altre che smentiscono la tesi, tocca purtroppo segnalare su Science due nuove ricerche che riducono le incertezze.

Antony Clarke e Vladimir Kasputin, dell’università delle Hawaii, confrontano un migliaio di prelievi da 11 zone pulite e inquinate sopra l’oceano Pacifico sulle quali finora non c’erano dati, per calcolare il forcing degli aerosol da attività antropiche. Una squadra multinazionale guidata dal Max Planck di Magonza fa una cosa analoga e complementare. Usa l’atmosfera sopra il bacino dell’Amazzonia come modello di concentrazione pre-industriale di aerosol, per ricostruirne il “reattore biogeochimico in cui la biosfera e la fotochimica dell’atmosfera producono i nuclei attorno ai quali si formano le nubi e la precipitazione che sostiene il ciclo idrologico”.

Come i colleghi delle Hawaii, conclude che nell’ambiente naturale  “il regime prevalente di interazioni tra aerosol e nubi è distintamente diverso da quello nelle regioni inquinate.”

Capirai che notizia. Però serviva quantificarla e queste due ricerche mi sembrano illustrare bene a) che sono in tanti a far ricerca sulle nuvole, b) come si procede via via per rendere più precisi e utili i modelli di evoluzione del clima, anche su scala locale, c) che i neghisti sono proprio sfortunati.
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