Diario ochesco, prova

Lunedì 11 settembre
Provo a fare un blog. Se ho sbagliato qualcosa, me lo dite?

Sabato 9 e domenica 10 settembre
A Milano per il Volo delle Oche, in diretta alla radio un’ora sabato e, per l’ultima volta quest’estate, altro Volo alla domenica. Sempre sulla ricerca, ma più musicale e ridanciana (non che al sabato riduca l’audience in lacrime, intendiamoci). Ne approfitto per far sentire “They Demoted Pluto”, in prima italiana. Nella speranza che una radio mi affidi un giorno una rubrica di canzoncine scientifiche o, meglio ancora, che una discoteca mi prenda come deejay per vedere la gente che si mette a ballare su “Oxidative Phosphorylation”, un rock geniale sulla sintesi dell’adenosina trifosfate nei mitocondri.

Venerdì 8 settembre
A Pavia per il Festival dei saperi e per Evelyn Fox Keller, prima bio-matematica ora filosofa della scienza al Massachusetts Institute of Technology di Cambridge U.S.A. Solare, come sempre, somiglia ancora a Joan Baez ma con l’età è diventata più bella di lei, trovo.

Parla del dibattito secolare su “Nature and Nurture”, su quante delle facoltà e dei comportamenti che riteniamo specificamente umani siano innati (e oggi quasi tutti pensiamo che innato equivalga a trasmesso dai geni) e quanti siano acquisiti attraverso l’ambiente, la famiglia, l’educazione. Come se facoltà e comportamenti non richiedessero un substrato biologico innato e, insieme, non dipendessero dalle aspettative della società. Aspettative radicalmente diverse nei confronti di uomini e donne, bianchi e neri, magri e grassi, giovani e vecchi. Mi colpisce la sua attenzione al linguaggio e alle sue trappole, da critica letteraria.

Quest’anno è all’università Denis Diderot (Paris VII), con una cattedra Blaise Pascal. Sta scherzando? “No, no,” ride, “è proprio vero. Ho una notizia per te: non tutti i francesi  hanno paura delle donne.”

Giovedì 7 settembre
A Firenze per la conferenza della Società italiana di biologia evoluzionistica che festeggia il suo primo compleanno. Ci sono pochi baroni – e simpatici per di più – in una massa di giovani brillanti, quasi metà rientrati per pochi giorni dai laboratori sparsi per il mondo dove stanno facendo il dottorato o le prime ricerche da “post-doc”. E’ una conferenza vera, nella quale chi interviene porta i risultati delle proprie ricerche ancora prima che siano pubblicati nelle riviste scientifiche.

Fra le star c’è il genetista svedese Svante Paabo – qui ci vorrebbero due dieresi, una per ogni a di Paabo, ma non sono riuscita a trovarle – che lavora al Max Planck Institut di Lipsia dove ha lanciato il “progetto genoma Neanderthal”.  Pensa di riuscire a mapparne tutti i geni e paragonarli con i nostri e con quelli dello scimpanzé.

“Un giorno, un grande primate è partito alla conquista del mondo, si è messo a inventare tecnologie mai viste prima, e da allora non si è più fermato. Mi piacerebbe trovare le differenze genetiche che corrispondono alle differenze cognitive fra lui, cioè fra me stesso, e gli altri,” dice. Poi chissà come, la conversazione cade sugli antropologi che stanno litigando sullo hobbit, il fossile femmina ritrovato sull’isola di Flores, in Indonesia.

Per un campo, era solo una pigmea denutrita e forse malata. Per gli altri, appartiene a una specie a sé: l’Homo florensiensis. Si accusano a vicenda di incompetenza e – forse è ancora peggio – di voler essere politicamente corretti, cioè di essere mossi dall’ideologia invece che dall’oggettività.

“Mi sono offerto di analizzarne il Dna, così si sarebbe capito chi aveva ragione, ma pare che nelle sue ossa non ce ne sia,” dice Paabo. Incasso lo scoop. E lui come si spiega l’habitus rissoso degli antropologi? “I fossili sono pochi e difficili da scoprire, finisce che c’è un cranio per 50 ricercatori. Per far carriera, molti scelgono di reinterpretare i reperti in modo nuovo, mandando a monte l’interpretazione di altri. Questi ovviamente si difendono e rendono pan per focaccia.”
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Mercoledì 6 settembre
Alla Festa dell’Unità di Genova per il dibattito su “Donne e scienza”. C’è anche Manuela Arata, attuale presidente del Festival della scienza ed ex direttore generale dell’Istituto nazionale di fisica della materia. Istituto voluto dal primo governo Berlusconi, bene, bravo, bis, e sciolto da Letizia Moratti nell’acido muriatico del Consiglio nazionale delle ricerche durante il secondo governo B. Dei tre massimi dirigenti, due sono stati licenziati. Quanti di questi due erano donne? Avete tre secondi per indovinare.

Nota Bene. Dal rapporto del comitato di valutazione insediato da Letizia Moratti, è saltato fuori quello che tutti gli interessati sapevano, qui come all’estero. Sotto la gestione di Manuela Arata, l’Istituto era il primo in Italia per numero e qualità delle ricerche pubblicate, brevetti, start-up, spin-off, finanziamenti europei ecc.
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Martedì 5 settembre
Giusto il tempo di tornare a casa dopo la riunione di D in cui sono stati distribuiti i blog, trovo nel mail un inno di protesta contro la retrocessione di Plutone da pianeta a pianeta nano e la conseguente riduzione di 9 a 8 dei pianeti d.o.c. nel nostro sistema solare.

E’ “They Demoted Pluto”, scritto e interpretato da Jimmy and the Keyz. Chi fosse travolto da questa decisione, presa da una minoranza di attivisti nell’ultimo congresso dell’International Astronomical Union, può firmare la petizione mondiale.