Oh, così si fa.

Nella ricerca sulle cellule staminali embrionali, i risultati che fanno più clamore sono sempre quelli che poi si dimostrano difficilissimi da riprodurre. Che suscitano tanti dubbi e sospetti, insomma.

Era successo anche l’anno scorso a Shinya Yamanaka e colleghi all’università di Kyoto, quando avevano scritto su Cell che avevano tratto staminali pluripotenti come quelle di un embrione, da cellule chiamate fibroblasti. Le avevano prese nella pelle di topolini e, attraverso un retrovirus, ci avevano inserito “fattori di trascrizione”. Sono proteine in grado di riprogrammare i geni, così s’attivano gli stessi che normalmente si attivano nei primi giorni di un embrione. Le cellule figliano staminali che possono figliare cellule differenziate, capaci di produrre tutti i tessuti del futuro organismo.

Quelle di Yamanaka erano staminali pluripotenti davvero o c’era sotto un trucco?
Tre gruppi diversi – il suo, quello di Rudolf Jaenisch (Whitehead) e di Konrad Hochedlinger (Harvard Stem Cell Institute) e Kathrin Plath (univ. California) si sono messi d’accordo per usare tutti lo stesso sistema, più alcune migliorie, e hanno ottenuto risultati simili. Oggi li pubblicano su Nature e su Cell.

Il sistema ancora non è perfetto, un 20% di quelle staminali sono cancerogene forse per colpa del retrovirus usato per modificarne le cellule genitrici. Comunque per ora, funziona nei topi e, come dice Yamanaka, “non c’è bisogno di ovuli, né di embrioni”.
E nemmeno di clonare embrioni con geni nucleari umani dentro un ovulo di mucca o di coniglia.

Penso che ne parlino tutti i giornali. Ma vi segnalo l’articolo di David Cyranoski perché era stato lui a indagare per primo sullo scandalo Hwang, è uno attento.

Aggiungo solo due cose.

Quando l’opinione pubblica non è contenta – per vari motivi, morali per esempio – di come si fanno certe ricerche, può star certa che gli scienziati cercheranno una soluzione migliore. E magari la troveranno.

E non so voi, ma mi fido di più quando non ci sono di mezzo brevetti o richieste di brevetti, e tutti condividono liberamente dati e ricette.