L’enigma del gene Sfinge

Sei anni fa all’università di Chicago, Manyuan Long scopriva che il moscerino della frutta ha un gene che si esprime nelle ghiandole riproduttive, e di cui i maschi di altre specie di mosche sono privi. Un gene giovanissimo – sarebbe comparso appena due milioni di anni fa – che chiamò “Sphinx” per via della struttura chimerica di esone-introne, come spiega sul sito del suo lab.

(Ha chiamato un altro gene “Jingwei”, come la figlia dell’imperatore annegata in mare e rinata uccello.)

Ok, ma che cosa fa? Risposta di Long e del suo gruppo in “The evolution of courtship behaviors through the origination of a new gene in Drosophila” che esce oggi sui PNAS.  Con il gene inattivato, i moscerini crescono sani. La differenza è che si corteggiano l’un l’altro come se fossero femmine: battono i piedi, “cantano”, si leccano e ci provano.

Deduzione: nella popolazione ancestrale di D. melanogaster, il corteggiamento esclusivo tra maschi doveva essere diffuso, prima che comparisse quel gene ad inibirlo. Come ha fatto la specie a non estinguersi?