2B or not 2B

Kate Melville intitola “Two bees. Aw, not two bees” il suo articolo sulla ricerca di Michael Otterstatter e James Thomson, univ. Toronto, uscita su PLoS One. Ma non è il caso di tremare, perché in inglese si usa “bee” in senso lato, e qui le specie Apis non c’entrano.

Il tripanosoma Crithidia bombi infetta di preferenza i bombi selezionati  per impollinare nelle serre e si diffonde tra i bombi selvatici delle vicinanze al ritmo di 2 km/settimana. Stando al loro modello matematico, la diffusione spiegherebbe il declino di varie specie Bombus in natura.

Femminilità
Sempre su PLoS One, Tatiana Badaeva et al. – del lab di organizzazione genomica, Accademia delle scienze, Mosca – usano due alleli per rintracciare l’origine delle variazioni genetiche nella Darevskia unisexualis, una lucertola del Caucaso. Fa piacere che quella specie partenogenetica abbia un nome femminile.  Quand’è che la Cnemidophorus inornatus, la rettile ufficiale dello stato del New Mexico forse ignaro dei suoi costumi sessuali, si chiamerà C. inornata?

O anche ornata visto che è così carina.

Se vi occupate di aiuti umanitari
Paul Farmer di Harvard, tra l’altro autore di The Uses of Haiti, libro magnifico non tradotto in italiano purtroppo e una persona eccezionale, è responsabile di Health and Human Rights da giugno e l’ha resa open access. Lettura molto consigliata.

Pretese imperialiste
Antonello Pasini ci chiede cosa pensiamo – noi “amici fisici e affini” – dell’articolo di Chris Anderson su Wired, che diagnosticava lo stato terminale del metodo scientifico sfinito dalla potenza di calcolo dei computer. Euh… A me che rientro negli “affini” credo, la prima cosa che vien in mente è “GIGO”.

Forse anche a Ignazio Licata che risponde così:
 invito tutti a leggere le divertentissime stoccate che Robert Laughlin – Codice edizioni, ndr – lancia nelle pagine di “Un universo diverso” agli informatici “teorizzanti”, ai profeti della simulazione ed ai sostenitori del petabyte come “futuro” di quel complesso lavoro artigianale che è la scienza. Oltre alle cose sensatissime che dici – Antonello, ndr – vorrei richiamare l’attenzione su alcune ovvie e fondamentali questioni epistemico-metodologiche: quando studiamo un sistema creiamo una separazione “artificiale” – teorica e sperimentale- all’interno dei processi. La sfida è quella di comprendere le relazioni dinamiche tra sistema ed ambiente. Già questo è un bel problema anche nella so-called “fisica fondamentale”: i vari scenari di teorie quantistiche di campo differiscono tra loro proprio per il tipo di assunzioni base che si fanno sui vincoli ambientali ( in termini più diretti ed estremi: il concetto stesso di particella dipende da come si descrive l’ambiente in cui è immersa).  Una volta che le variabili significative (ossia: che interessano l’osservatore) sono state scelte, allora può essere utile esplorarle attraverso famiglie di classificatori statistici a base computazionale , come ad esempio le reti neurali, ma anche quando questa attività mette in luce correlazioni “interessanti”, la questione del loro significato fisico è ancora ben lontana dall’essere risolta