To swat, pr. suott: schiacciar mosche; a swat – da non confondere con SWAT – schiacciamosche.
Enrico di Trieste segnala, da Current Biology del 28 agosto, un affascinante articolo di neuroscienze, dovuto a Michael Dickinson et al. del Caltech. Spiegano come una moscerina della frutta, in piedi su una piattaforma, riesce ad evitare i colpi assestati da dietro, davanti e di lato, con uno swat formato da un disco nero di 14 cm. di diametro, che le arriva addosso con un’angolatura di 50°.
Tutto sta, pare, in una visione a 360° e un gioco di gambe mediane e posteriori à la Cassius Clay messo in atto prima del decollo.
Dickinson dice che ha voluto rispondere così a una domanda che gli viene spesso fatta dal grande pubblico “Perché è così difficile schiacciare una mosca?”. O forse fatta da qualcun altro, essendo il suo lab generosamente finanziato dalla Difesa.
Detto ciò, ha inventato parecchi strumenti illuminanti, come la Rock’n Roll Arena e soprattutto il Guf (Grand Unified Fly).
Detto ciò, in quel lab i moscerini continuano a immolarsi per la ricerca e Enrico segnala i migliori video, rif. il suo 3. commento.
Swat team 2
A proposito di immolati ma questa volta per i trasporti (camionisti assistiti e Alitalia tenuta a galla con fondi tolti alla ricerca), il presidente Napolitano ha scritto il 1 settembre al ministro Gelmini, oppure alla ministra Gelmini per pregarlo-la di non swattare più i ricercatori. Documentazione sul sito dell’Osservatorio sulla ricerca.
Ci risiamo
E’ uscito on line su Infection, Genetics and Evolution – bisogna essere abbonati – l’articolo ripreso da New Scientist, BBC ecc., secondo cui i Romani avrebbero ridotto durante loro invasioni europee la frequenza di una variante di un gene (CCR5-Delta32) che diminuirebbe la suscettibilità all’HIV. Per cui è più frequente nei paesi nordici.
Anche l’ipotesi precedente, dei Vichinghi che avrebbero sparso quell’allele, era azzardata.