Paradossi e crisi

L’Economist apre con un articolo ottimista sui paesi dell’Africa subsahariana: mediamente, negli ultimi anni hanno avuto un tasso di crescita superiore a quello europeo grazie alla globalizzazione e al libero mercato, e dovrebbero soffrire meno della crisi attuale, grazie a istituti di credito né globalizzati né liberalizzati.

Un’altra crisi
Si capisce che il lavoro di Neal Young, John Ioannidis e Omar Al-Ubaydli interessi l’Economist. Parla di offerta sovrabbondante in situazione di oligopolio e le distorsioni del “mercato” che ne conseguono.

La merce questa volta è l’informazione scientifica.

I tre utilizzano strumenti mutuati dall’economia per analizzare gli effetti perversi della competizione in bio-medicina per pubblicare sulle poche riviste con un elevato fattore d’impatto. Queste creano una scarsità di domanda, artificiale nell’era elettronica, mentre i risultati da pubblicare aumentano. E ci riescono incoraggiando la credenza che la loro selettività equivalga a qualità.

Selezionano di preferenza i risultati positivi, che innalzano lo status di chi li ottiene, anche se spesso sarebbero più utili i risultati negativi. Favoriscono il “gaming” dei fattori d’impatto – e, aggiungo io avendolo letto su Nature – il gioco poco pulito delle (auto)citazioni.

Il mio riassunto non è granché, ma l’originale merita, anche se non sono certa che siano valide tutte e dieci le raccomandazioni (Box 1, su fondo verde) per uscire dalla crisi. Il paragrafo dopo, che inizia con “Ci sono limiti alla nostra analisi”, i dati sono pochi ecc.,  è tipico di Ioannidis.

Da anni lavora per superare quei limiti, cf. gli articoli on line nelle note da 9 a 22 (autocitzioni…). E il suo classico del 2005, “Why most published research findings are false“.

Invece trovo che non si meriti la frecciata finale dell’Economist: “The question for Dr Ioannidis is that now his latest work has been accepted by a journal, is that reason to doubt it?” In realtà PLoS Medicine è open access, elettronica e tavolta persino autocritica.

La PLoS non è in pareggio, al contrario di quanto speravano i fondatori, e dall’anno prossimo avrà bisogno di nuovi finanziamenti. Probabilmente glieli rinnoverà la fondazione Betty e Gordon Moore, se non ha investito i suoi fondi (endowment) in Cdos e altri swaps.

E un’altra in arrivo?
Come se la passano gli investimenti dell’endowment (34,5 miliardi di dollari) di Harvard? Normalmente a fine agosto escono le informazioni per l’anno chiuso a giugno, ma sul sito della Harvard Management Company Inc. trovo solo quello per il 2006-2007.