Visto che il decreto Gelmini è legge, e studenti di destra molestano chi protesta, mi distraggo con le ultime sull’oppio dei popoli.
Non mi erano piaciuti i 2 milioni di euro messi dalla Commissione Europea nel progetto ExRel: a dispetto delle norme sul “gender mainstreaming” è affidato a 16 ricercatori e 7 consulenti fra i quali c’è solo una giovane donna, in posizione defilata. Ne deduco che in materia di evoluzione del pensiero religioso, neuroscienziate, antropologhe, sociologhe, filosofe, linguiste e teologhe devono star zitte.
Però…
Nature inaugura la serie di saggi “Being Human” con Religion: Bound to Believe? di Pascal Boyer dell’univ. Washington di Saint-Louis, uno dei consulenti di ExRel. Resta on line gratis per un po’ ed è interessante.
La risposta al titolo è sì, perché:
- pensieri e atteggiamenti religiosi si reggono su e sono legati a presupposti dei quali non siamo coscienti;
- fin da bambini instauriamo rapporti con personaggi immaginari;
- i rituali di purificazione sono in consonanza con disturbi ossessivi compulsivi del comportamento (argomento poco convincente, non nasciamo coatti della pulizia);
- una capacità “coalizionale”, tipicamente umana e basata sulla fiducia reciproca, ci fa adottare credenze qualsiasi, basta che siano di un gruppo al quale apparteniamo o vogliamo appartenere (capacità coalizionale = conformismo?)
Allora le religioni sono un adattamento o un effetto collaterale dell’evoluzione? Forse un giorno si scoprirà che sono adattative, per ora non c’è un’area della religione nel cervello, quindi è meglio considerarla una proprietà emergente dei nostri sistemi cognitivi.
Mentre le religioni moderne si presentano come una dottrina coerente fatta di rituale, morale, metafisica e identità sociale, i risultati delle ricerche cognitivo-evoluzionistiche mostrano che “la mente non ha una rete per la credenza, ma miriadi di reti che per molta gente contribuiscono a far sembrare naturali le affermazioni della religione.”
Sappiamo oggi che, al contrario, questa si basa su assunti inconsapevoli. Questi risultati scardinano due basi delle religioni attuali: l’idea che il loro particolare credo sia diverso da ogni altra e mal riposta fede, e che siano stati eventi straordinari, o la presenza fisica di agenti sovrannaturali a generare la religione.
Conclude Boyer: “per i nostri sistemi cognitivi, una qualche forma di pensiero religioso sembra essere la via di minor resistenza, mentre l’incredulità richiede un sforzo faticoso per andare contro la nostra predisposizione. Un’ideologia non facile da propagare.”
Ci sarebbe parecchio da discutere. Calvin crescerà e smetterà di credere a Hobbes, no? E le conversioni non rendono l’adozione di una fede un “esame di ammissione” sostituibile da altri, cf. massoneria, tifoserie ecc.? E razionalizziamo l’inspiegabile con le conoscenze a disposizione, ma cambiamo idea quando la spiegazione è smentita, no? E perché credere a un dio che mica ci dà retta? E…
Ma ho solo fatto un riassunto del saggio che riassume il libro di Boyer Religion Explained, Basic Books, 2001.