L’Economist – diversamente dal Wall Street Journal e dal Financial Times – capisce “la rabbia” popolare contro gli eccessi di ricchezza ai quali va posto un freno, dice, ma senza esagerare. “C’era qualcosa di marcio nella finanza,” sì, però il sistema si sta già autocorreggendo: invece che nelle borse con un marchio della haute couture, un sito web propone di consegnare abiti firmati in sacchetti di carta kraft.
L’aneddoto è reso indigesto dall’articolo che apre la sezione scienza e tecnologia. Riguarda la ricerca di Gary Evans e Michelle Schamberg, uscita sui PNAS (solo per abbo., versione preliminare): nei bambini poveri dello stato di New York, lo sviluppo della corteccia prefrontale e dell’ippocampo è inibito dagli ormoni da stress. La memoria e a cascata altre facoltà intellettuali ne risentono. Lo stress è dovuto in parte alla povertà in sé e soprattutto alla percezione dell’ineguaglianza – come in tutti gli animali sociali, da topi agli scimpanzé, che si ritrovano “in fondo alla scala gerarchica”.
Si sa da tempo. Anche Wired rimanda alle ricerche della pioniera, Martha Farah. Ci aggiungerei Bob Sapolsky, e in italiano rimanderei all’ultima parte di Perché alle zebre non viene l’ulcera, sulle conseguenze dell’iniquità sociale, e della politica iniziata sotto Reagan del “meno stato per tutti” a cominciare dal kindergarten.
Ieri i senatori Guido Possa, Lucio Malan, Andrea Fluttero hanno elencato i motivi per cui non c’è alcun riscaldamento globale, o se c’è conviene, però tra le bufale mancavano all’appello “Groenlandia-Terra Verde” e “in Inghilterra i vigneti erano tanti, nel Medioevo”, secondo Climalteranti che ha fatto la conta.
Beati ecc.