Perversioni

Science si occupa parecchio del legame tra clima, energia e acqua.

I biocarburanti ricevono incentivi statali perché riducono le emissioni di CO2.  Forse, ma richiedono un’irrigazione intensa dove già manca l’acqua, scrive Robert Service.  Secondo Timothy Searchinger et al.  nel protocollo di Kyoto, le loro emissioni sono state calcolate senza tener conto di quelle dovute alle piante eliminate per far posto a quelle incentivate.

Per ora l’unico biocarburante a emissioni negative di CO2  è l’etanolo da canna da zucchero prodotto in Brasile, e il peggiore è l’olio dalle palme che in Indonesia e altri paesi tropicali hanno sostituito le foreste (fonte).

Jerry Melillo, uno degli autori dell’articolo, è anche citato in nota perché insieme ad altri ha appena pubblicato Unintended Consequences of a Global Biofuel Program. E’ un modello – due scenari a confronto in realtà – per stimare un passaggio ai biocarburanti derivati da piante non alimentari.  Solo nell’Africa subsahariana ci sono abbastanza terre sfruttabili, ma anche lì le emissioni di CO2 aumentano per circa 40 anni e solo dopo iniziano a diventare negative, rispetto a quelle dovute ai carburanti fossili. Quanto all’ossido d’azoto –  “un gas-serra potente” -prodotto dai  fertilizzanti aumenta e basta.

Solita avvertenza:  è il primo modello di questo tipo,  quindi una proposta da criticare e migliorare.

A parte quest’ultimo paper, gli altri sono solo per abbonati. Anche l’Economist pubblica poche cose gratis on-line, ormai. Se il tema interessa, conviene comprarlo perché c’è
– un riassunto delle ricerche di cui sopra;
– l’inchiesta di apertura sulla carenza d’acqua in California dove gli abitanti battono il record mondiale dei consumi pro capite, gli agricoltori sono colpiti dalla siccità persistente, i politici stranamente divisi tra repubblicani che vogliono grandi opere pagate dallo stato e i democratici che vogliono usare i meccanismi di mercato e i pronostici infausti vista la velocità con la quale si riducono i ghiacciai della Sierra Nevada;
– un articolo sulla  lobby degli agricoltori che ostacola la proposta di legge in discussione al Congresso sui limiti alle emissioni di CO2;
L’insieme è ancora più eloquente se si aggiunge che per via degli incentivi, si coltiva granoturco da etanolo anche in California.

Gratis, l’Economist reagisce con un “Goodness!”  ai risultati di questo sondaggio americano, e cita David Roberts sbigottito dai suoi compatrioti che danno retta a “ciarlatani e pazzi finanziati dall’industria”.

A sostegno di tali qualificativi cita Climate Cover-up. The Cruisade to Deny Global Warming di Jim Hoggan. Parte dei documenti “succulenti” di cui parla Roberts è uscita su DeSmog.  Curiosamente, il sondaggio riflette la posizione dei bastian contrari Levitt e Dubner.

Come previsto
Da maggio i lupi grigi americani non sono più nell’elenco delle specie a rischio di estinzione. Virginia Morrell racconta la triste storia della lupa alfa a capo di un branco, studiata da anni dagli etologi. E’ uscita dalla riserva di Yellowstone e i cacciatori del Montana l’hanno uccisa insieme a cinque dei suoi compagni.

Per finire su una nota leggiadra
Non è all’altezza della media che in natura non esiste, ma quasi.
Spiritoso, il meteorologo Guido Guidi  scrive che “L’arte della parola è fantastica”, prende varie cantonate e in particolare la sua lucciola per lanterna accusando il IV rapporto Ipcc di citare 91 volte il termine “forcing esterno” e mai quello “forcing interno”. In un commento, Antonello Pasini gli spiega cortese che in climatologia “forcing interno” non ha senso e perché. “Grazie dell’approfondimento,” risponde cortese Guidi e ricasca di nuovo sul suo petardo.