Nel giugno 2008, Robert Sohn di Woods Hole et al. pubblicano i risultati di un sopralluogo – sottoluogo? – del Gakkel Ridge, nel mare artico, dove hanno mandato robot a filmare, a una profondità di 4.000 metri, vasti depositi piroclastici lasciati da eruzioni “esplosive” di vulcani marini.
Il prof. Adriano Mazzarella che dirige l’osservatorio meteorologico all’università Federico II di Napoli ci pensa su e il 23 gennaio fa uscire sul quotidiano Il Tempo un comunicato che interpreta poeticamente la ricerca:
Il colossale fornello geotermico si accende e si spegne sotto i ghiacciai dell’Artico in maniera del tutto naturale e questo giustifica pienamente la variabilità areale dei ghiacciai artici che da tempo i mass media imputano solo all’azione forsennata di produzione dell’anidride carbonica (CO2) da parte dell’uomo. I vari convegni internazionali che cercano di fissare un tetto alle emissioni di CO2 passeranno alla storia come la più inutile manifestazione di presunzione dell’uomo. (neretto nell’originale, ndr)
Elementare, no? Ugo Bardi chiede conferma a Robert Sohn il quale risponde:
queste eruzioni, per quanto impressionanti possano essere state, non contenevano abbastanza calore per fondere quantità significative di ghiaccio marino.
Forse è il caso di togliere il comunicato dal sito dell’università, suggerisce Ugo. Gli ammiratori del prof. Mazzarella e/o amanti della poesia non sono d’accordo.