Nel 1975, dal centro conferenze di Asilomar era uscito un manifesto che suggeriva prudenza prima di applicare la bio-ingegneria. L’altro ieri, dopo cinque giorni di discussioni ne è uscito uno sulla geoingegneria, cioè gli interventi per tamponare gli effetti del riscaldamento globale.
Questi erano divisi in due categorie, scrive Eli Kintisch: fertilizzazione degli oceani per catturare più CO2 e “gestione della radiazione solare” attraverso particelle di solfati immesse in atmosfera.
Aveva organizzato la conferenza il Climate Response Fund, creato dalla società Climos la quale spera di vendere crediti carbonio da fertilizzazione del plancton, un business model sempre meno credibile. Il principale sponsor era lo stato carbonaio del Victoria, noto per osteggiare ogni limite all’inquinamento, e non solo da gas serra. Da qui le polemiche riferite da Joe Romm dal 15 marzo in poi.
Alla fine è uscito un manifesto blando, chiede più ricerca sulle mitigazioni possibili e impossibili, ma evita di occuparsi di chi deciderà eventuali applicazioni.
Esempio pratico
Su Science del 5 marzo, Natalia Shakhova et al. pubblicano misure del metano nella piattaforma continentale artica, in Siberia orientale. Già il gas satura le acque marine in profondità come in superficie. Brutta faccenda. Sul delta della Lena c’è un’immensa riserva sorvegliata dal WWF. Ormai il permafrost non è più permanente e a ogni disgelo, il mare e il fiume spappolano un po’ di più le isole dove gli uccelli migratori vengono a nidificare. Chi decide se quando e come fermare il feedback?
Perle agli svizzeri
Il fortunato steph era presente all’intervento di Franco Battaglia in Ticino. Risparmiare risorse significa risparmiare soldi, ma il professore non lo sa: ha predicato anche là maggiori consumi di carburanti fossili. Chi glielo fa fare?