Su Science di due settimane fa, Sherry Knowles che dirige l’ufficio legale della GlaxoSmithKline contestava i dati di Laura Musselwhite (univ. Duke) e Jane Andrews (Johns Hopkins) sui proventi e le strategie delle aziende farmaceutiche. Che mentre piangono miseria, spendono in promozioni, come il documentario di Discovery Channel sulla “ipoattività del desiderio sessuale ” femminile.
E’ stato sponsorizzato dalla Boehringer Ingelheim che avrebbe il rimedio, un anti-depressivo che riduce la serotonina in circolo nel cervello e contro la depressione non funziona, ma riconfezionato per altro uso avrebbe “un mercato di 2 miliardi di dollari all’anno solo negli Stati Uniti”. Più delle tre pillole blu messe insieme, secondo analisti citati dallo Herald Tribune.
A dispetto di quanto dice wikipedia, lo scetticismo sull’efficacia dell’antidepressivo è giustificato. E anche quello sulla definizione della “psicopatologia” data dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, i cui autori soffrono spesso di conflitti d’interesse non diagnosticati.
Par condicio
Sull’ultimo New England Journal of Medicine c’è una ricerca di Frederick Wu et al. sullo stato di salute fisica, sessuale e psicologica di 3.000 europei tra i 40 e i 70 anni che lamentano disturbi da andropausa nel senso di ipogonadismo, calo del testosterone ed effetti associati. Dalle analisi, è risultato che era calato in meno di un terzo dei pazienti. Gli altri avevano problemi di salute ma non di origine ormonale, anche se erano sicuri del contrario e il loro medico pure. Non a caso, nel rapporto Spectra del 2006 si leggeva:
oggi il mercato mondiale per le terapie delle insufficienze sessuali è stimato in 3,8 miliardi di dollari e si prevede un aumento del 74%, a 6,6 miliardi, entro il 2012.
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