Mini-ciclotrone 1

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Il lunedì mattina su Radio Pop, con Lorenza Ghidini, un po’ dopo le 9 faccio una versione breve del Ciclotrone, chiuso 10 anni fa per fare le Oche quotidiane su Radio3.
Tema sottostante domani: la competizione e i suoi effetti perversi. In pratica: i premi Nobel e non, pubblicare o perire e la corruzione in crescita. Comincio dall’insoddisfazione generale, espressa per esempio da Laurent Ségalat in La scienza malata? R. Cortina editore, 158 pagine, 13,50 euro, anche se lui se la prende soprattutto con la “burocratizzazione”.

Metto qui i link utili, almeno a me, per chi preferisce farsi un’idea invece di sentire le mie:
The h index
L’analisi di Daniele Fanelli
Pubblicazioni per paese
La classifica delle riviste
L’ascesa quantitativa della Cina, del commercio di papers, di frode e plagio
Le ritrattazioni in serie di Linda Buck, Nobel per la medicina 2004

Se faccio in tempo, racconto anche questa.
Nell’elenco 2010 del Times Higher Education Supplement, a sorpresa è al 147mo posto l’università di Alessandria, Egitto, quarta per “impatto della ricerca”, grazie alle citazioni ottenute da Mohamed El Naschie. Miliardario dal curriculum truccato, è stato il fondatore e direttore di Chaos, Solitons & Fractals e altre riviste in cui si pubblicava e citava – complici alcuni “colleghi” cinesi e iraniani – fino a quando Douglas Arnold ha quantificato il giro.

Tanto per sgomberare il campo degli sviluppi penosi prima di passare agli altri. In fondo se la ricerca non fosse diventata un’attività di massa – ci sono circa 6 milioni di ricercatori al mondo, più i dottorandi – forse ci sarebbe ancora una truffa al decennio invece di migliaia all’anno (per non parlare dei sabotaggi). E poi, i cinesi che falsificano i dati e copiano brevetti e papers altrui la stanno già pagando: il resto della comunità cita sempre meno articoli firmati con nomi cinesi. Non è giusto, i disonesti sono una minoranza, ma potrebbe spingere gli onesti alla rivolta.

E siccome avevo parlato di Marc Hauser, che avrebbe falsificato i dati di ricerche sull’evoluzione della consapevolezza di sé nei tamarini, segnalo questa di Abigail Rajala et al. con dei macachi, che sembra dargli ragione.