Su Science, Dean Karlan e Jonathan Zinman pubblicano i risultati di un esperimento fatto su clienti della First Macro Bank, nelle Filippine, una banca rurale detta di seconda generazione perché è “for profit”.
Hanno creato un software di rating per l’affidabilità con il quale la banca ha selezionato 1.601 candidati a un prestito. Il software li ha poi divisi aleatoriamente in due gruppi: tra il 2006 e il 2007, 1.272 l’hanno ricevuto e 329 no. A distanza di 11 e 22 mesi, gli economisti hanno chiesto ai partecipanti – in maggioranza donne – di riferire su come avevano speso/ investito soldi, l’andamento della loro attività imprenditoriale, se avevano chiesto altri prestiti, il loro benessere soggettivo ecc.
Chi aveva ottenuto un prestito aveva minor successo in affari e stava meno bene, quindi il microcredito non giova alla micro-impresa.
Ci sono un bel po’ di incertezze nel loro protocollo sperimentale, dicono gli stessi autori, ma secondo loro sarebbe applicabile al microcredito in generale: un win-win sia per le banche, ottimizzandone le operazioni, che per donatori, politici, investitori consentendo loro di misurare i benefici di un’espansione dell’accesso al microcredito. Non vedo come, mi sembra che negli ultimi 25 anni siano spuntate circa 10.000 banche da microfinanza, di tanti tipi diversi (non sempre raccomandabili), che danno prestiti di gruppo, fanno consulenza, assistenza ecc, ai clienti invece di mollarli nel libero mercato, e non danno per scontato che essere poveri significa essere imprenditori.
Comunque raccomando l’articolo, oltretutto è gratis. E il precedente. E anche State of Microcredit Report 2011.