Minimum respect

Roy Spencer, il climatologo dell’università dell’Alabama, definisce il proprio lavoro “un po’ quello del legislatore” pagato dai contribuenti per far risparmiare loro i soldi riducendo al minimo gli interventi del governo. Per esempio sminuendo rischi del riscaldamento globale finché gli altri legislatori del suo partito eliminano le norme sull’efficienza delle lampadine decise dal governo Bush e dal suo partito nel 2007.

Tanto per aumentare la bolletta dei contribuenti insieme ai profitti di Big Oil & Coal, e tagliare le gambe alle aziende comuniste che hanno investito nella produzione di lampadine con i led che costano di più, ma durano anni e si ripagano in sei mesi.

Spencer ha cominciato a fare il legislatore vent’anni fa, abbassando con l’aiuto di John Christy le temperature satellitarie (UAH) anche dopo che i colleghi gli avevano fatto notare l’evidente errore di calcolo. A tutti capita di sbagliare in più e in meno, ma lui – come R. Lindzen e R. Pielke Sr. – trova sempre diminuiti gli effetti delle emissioni di CO2 sul clima e ingigantite le variazioni cicliche che tra poco, promesso, rinfrescheranno l’atmosfera. Colto regolarmente in flagrante, non se ne cura. Un “eccentrico” secondo Steph di Climafluttuante, un masochista secondo me.

Sostiene – Spencer, Steph è razionale – che è la densità della copertura nuvolosa a causare le oscillazioni dalla Niña al Niño ogni 2-7 anni circa e vice versa e siccome + caldo = + nubi = feedback rinfrescante, è tutto ok. Avanti con il business as usual di Big Oil & Coal e del Marshall Institute finanziato prima da Big Tobacco e ora da B. O.& C. cui Spencer è fiero di appartenere.

Il 15 luglio – ho appreso da un commento lasciato su Climalteranti –  ha annunciato che era approvato per la pubblicazione un suo articolo in merito, il cui contenuto – da come lo riferisce – era stato smentito –  link da Steph — dalla dimostrata assenza di correlazione temporale tra l’ENSO e la densità delle nubi.

Proprio il 15 glielo rovinava pure uno sbarbatello di Oxford su Paleoclimatology. L’articolo di Nick Scroxton et al., anticipato on line a maggio, nasce dai lavori dell’OceanBug e del Sellwood Project che passano un po’ inosservati, salvo dai fan di Cesare Emiliani.  La joint venture è detta El Padre, dal nome ufficiale esplicito ma lungo: “El Niño-Southern Oscillation in El Padre:  Characterizing the Pliocene Equatorial Warm Pool from Individual Foraminifera”.

Traduco: il Pliocene è l’era tra 5,3 e 2,3 milioni di anni fa a metà della quale, per come la Terra orbitava attorno al Sole, la temperatura era di 2-3 °C superiore a quella attuale e la CO2 atmosferica come ora, eppure non c’era traccia di feedback rinfrescanti. Inoltre e in breve:
– El Padre è un Niño che diventa permanente a metà Pliocene, stando all’ipotesi prevalente fino al 15 (vedi errata corrige sotto);
– la pozza calda equatoriale è questa;
– i foraminiferi sono le creature di cui Emiliani ha per primo analizzato i gusci presenti nei sedimenti marini fondando insieme a loro sia la paleo-oceanografia che la paleo-climatologia.

Scroxton & Co. hanno integrato i dati su specie locali di foraminiferi in un modello oceano-atmosfera (HadCM3) per simulare l’ENSO di allora. Il periodo tra 3,26 e 3,03 milioni di anni fa,

era caratterizzato da una variabilità dell’ENSO attorno a uno stato medio simile a un Niño moderno. Inoltre nelle retro-previsioni dell’HadCM3 il mondo più caldo del Pliocene è caratterizzato da una fluttuazione dell’ENSO più periodica e dall’ampiezza più regolare, il che suggerisce che la pozza calda del Pacifico occidentale è più facilmente destabilizzata verso Est.

Niente feedback fresco, ma una bella spinta all’altalena. E l’abstract mette i puntini sulle i:

Queste conclusioni sono paragonabili alla tendenza, osservata negli ultimi quarant’anni, verso eventi ENSO più regolari e intensi.

Errata corrige 19/7: ipotesi prevalente già messa in dubbio prima del 15 luglio, per. con questa notevole ricostruzione basata sui coralli, Nature 9 marzo.

Di chi sono questi solfati?
Avevo menzionato un paper di Kauffman et al. sull’aumento dei consumi di carbone in Cina e dintorni, il quale avrebbe frenato il rialzo delle temperature tra il 1998, e il 2008. Ne parla anche Ugo Cassandra Bardi. A me il paper era sembrato un po’ deboluccio, un pro-memoria per il ten. col. Guidi: non c’è mica solo la CO2, nella serra.

Sulle Geophysical Research Letters, Jean-Paul Vernier della NASA et al. scrivono che stando alle misure di svariati satelliti, l’SO2 emesso in quel decennio nella stratosfera proveniva in prevalenza da piccole ma più intense eruzioni vulcaniche fra i Tropici.

Visto? dicono Anthony Watts e altri pro-inquinamento, Kauffman et al. è una boiata, le variazioni climatiche hanno solo cause naturali ecc. Emesso direttamente in stratosfera l’SO2 dei vulcani dura anche tre anni, invece di pochi giorni, sembra normale che abbia un effetto maggiore sulla tendenza delle temperature dopo il 2002, come scrivono Vernier et al.  Ma non sopprime l’effetto dell’SO2 delle centrali a carbone che lo emettono di continuo e in crescendo. Aspetto il seguito. (Grazie a Paolo C. che mi ci ha fatto ripensare.)