Vas-y Didier

Fais péter l’son…

Il gruppo di Michel Mayor, compreso Didier Queloz, dell’HARPS – università di Ginevra, in trasferta fino al 17 nel parco nazionale del Gran Teton, Wyoming, un posto bellissimo, d’altronde non era male neanche Santorini dove si teneva la precedente Conferenza sui sistemi solari estremi

– Eh, ça suffit la pub.

Il gruppo, dicevo prima che il fan di Harry Potter interrompesse, ha identificato 60 esopianeti di cui 16 super-Terre rocciose alcune sul bordo della fascia abitabile.
– C’est pas vrai!
Si, si.
– Alors on y va?
Attends que j’t’explique.
– Et Marcoule t’en cause ou quoi?

Ieri mattina nel Centro di condizionamento e di trattamento dei rifiuti radioattivi di Codolet, a un’estremità del sito di Marcoule lungo il Rodano, per l’esplosione di un forno è morto un operaio e quattro persone sono rimaste ustionate, una gravemente – penso – perché l’hanno ricoverata nell’ospedale specializzato di Montpellier, più high-tech di quello di Marsiglia.

Il forno serve a incenerire rifiuti poco radioattivi, tute, guanti per esempio oppure a fondere le parti metalliche di strumenti usati nella manutenzione e nello smantellamento dei reattori delle centrali, degli ospedali o dei centri di ricerca. I lingotti  sono poi riciclati in strumenti per la manutenzione e lo smantellamento ecc.

Dentro, c’erano 4 tonnellate di metalli e l’incidente sembra di quelli che possono succedere in un’acciaieria. Forse per un guasto nel sistema di raffreddamento? O a monte, in quello di smistamento dei vari metalli? Di forni elettrici così so molto poco, ma pensando alla radioattività naturale della bauxite e ai problemi delle acciaierie dell’Alcoa, per far un esempio, una fuoriuscita di 63 mila becquerel non mi sembra elevata.

Se sbaglio, mi corrigete? (vedi commenti di Claudio Della Volpe)

E’ una ragione in più per controllare la sicurezza dell’intera filiera, ovviamente, però le notizie uscite in Italia sono stravaganti. Le scorie dei reattori non si fondono né si inceneriscono in un forno, parlare di incidente nucleare e richiamare Fukushima è un pochino esagerato. Le scorie nucleari erano trattate e in parte riciclate dal vecchio Phénix, spento due anni fa, e il nuovo Astrid dovrebbe essere pronto nel 2014-2015. Di materiale da riusare ce n’è in abbondanza lo stesso e la Melox-Aréva – sempre a Marcoule – usa gli ossidi di uranio e quelli di plutonio di La Hague per fare il Mox.

Forse l’allarme è dovuto al fatto che noi usiamo déchets sia per i rifiuti che per le scorie? Nessuna traccia di nube radioattiva sull’Italia, per ora.