Giù uno

Premio Nobel per la medicina all’americano Bruce Beutler, al lussemburghese Jules Hoffmann e al canadese Ralph Steinman (morto di cancro il 30 settembre, a 68 anni…) per la scoperta dei principi chiave del sistema immunitario, recita il comunicato ufficiale. Ai miei compatrioti sale la senape al naso e Le Monde corregge il grave errore del Comitato Nobel :

le Français Jules Hoffmann (…), chercheur français né au Luxembourg, travaille au sein de l’Institut de biologie moléculaire et cellulaire de Strasbourg.

Era pure stato presidente dell’Académie des Sciences…

Coincidenza
I tre hanno lavorato sul sistema immunitario e sulla memoria innata e acquisita che gli consente di riconoscere gli invasori. Nature Medicine anticipa on line un paper di Fabrizio Benedetti et al. su un altro tipo di memoria, quella acquisita dai neuroni per certi farmaci contro il dolore:

È un po’ quello che accade per i vaccini: si induce una memoria immunitaria che si riattiva nel corso della vita quando veniamo a contatto con un virus

dice Benedetti. In questo caso, è una memoria “farmacologica” che innesca la produzione di endocannabinoidi – oltre a quella di endorfine, già nota –  da qui l’efficacia dell’effetto placebo. Forse è meglio dire l’effetto “richiamo” del placebo. Se è costante e si riesce a farlo durare nel tempo, risparmierebbe gli effetti collaterali oltre alle spese sanitarie.

E’ una “brief communication”,  non tocca aspetti teorici, ma suscita parecchie domande. Che la “memoria” molecolare sia una proprietà delle cellule dendritiche di ogni tipo e ovunque si trovino, perché grazie alla loro conformazione hanno più interazioni con l’ambiente?

L’altra coincidenza, quella del premio a Hoffmann sul gene Toll della Drosophila melanogaster, nel centenario della pubblicazione di Thomas Hunt Morgan con la scoperta degli elementi dell’eredità mendeliana nella moscerina, l’ho messa sul Sole-24 Ore.

Update
La settimana scorsa dicevo che l’agenzia per l’ambiente Environment Canada ha deciso di tagliare le ricerche sull’ozono in quota e addirittura i dati archiviati se qualche ente non si candida ad acquisirli e a gestirli. Be’, Nature pubblica in open access un paper di Gloria Manney e un gruppone internazionale. In Antartide il buco ha un andamento stagionale, mentre sull’Artico è molto variabile anche se più piccolo:

per la prima volta da quando esistono osservazioni (circa 50 anni), la distruzione dell’ozono sull’Artico all’inizio del 2011 è stato paragonabile a quella in Antartide. Condizioni di freddo insolitamente durevoli nella bassa stratosfera hanno portato a un rafforzamento persistente  di composti clorurati e questi a una perdita senza precedenti dell’ozono. I nostri risultati indicano che grossi buchi sono possibili anche con temperature molto meno rigide di quelle antartiche. Al momento non possiamo prevedere se un depauperamento così severo possa ripetersi o venir superato.

Mistero del metano mancante (segue)
Riass. punt. preced.: Anche se le emissioni di metano aumentano, la concentrazione atmosferica di metano è all’incirca stabile. Viene degradato nell’aria dai radicali idrossili – gli HO detti “ramazze atmosferiche” per come fanno pulizia – i quali non risultano né aumentati né diminuiti: anche la capacità ossidativa dell’atmosfera è stabile.
Su Science del 16 settembre, era uscito il risultato di bei esperimenti “all’antica” con il ciclo dell’azoto. E’ di importanza vitale per il cibo nonché per varie sostanze climalteranti. E finora era mal definito perché s’incrocia con i cicli del carbonio e dello zolfo e tirar fuori le singole responsabilità è un pasticcio.

Il paper è spiegato dal rabbett che è un chimico dell’atmosfera, non saprei far di meglio, vado al dunque.

Con il riscaldamento, la crescente acidificazione dei suoli e la conseguente attività di certi microbi, scrivono gli autori, i nitrati dei fertilizzanti producono più acido nitroso (HONO) come infatti s’era osservato senza capire da dove l’aumento saltasse fuori. Nell’aria e alla luce del giorno, l’HONO si spacca in un HO e un nitrito (NO). Gli HO fanno calare il metano e il biossido di zolfo, che però si trasformano in particelle tipo acido solforico o vanno a ingrossare quelle degli aerosol; i nitriti  ne creano di nuovi reagendo con le ammine, poche ma influenti e unite all’azoto pure tossiche.
Quindi meno composti azotati = meno HONO = meno aerosol a rinfrescare il clima.

Allora più HONO per tutti? Non proprio, acidificare i suoli e rovinare la qualità dell’acqua dolce e di mare non giova a nessuno.