Nature Geoscience anticipa on-line il secondo lavoro coordinato da Myles Allen e firmato da decine di autori di centri di ricerca sparsi tra Gran Bretagna e Nuova Zelanda, più la BBC di cui decine di migliaia di ascoltatori/spettatori partecipano all’elaborazione di modelli climatici con BOINC sul proprio computer.
Il primo riguardava l’attribuzione dell’ondata di calore in Russia nel 2010 a variazioni naturali vs. antropiche. Sempre con il sostegno delle masse popolari, questa volta hanno testato
a multi-thousand-member perturbed-physics ensemble of transient coupled atmosphere–ocean general circulation model simulations.
cioè le proiezioni ottenute da migliaia di modelli fisici-dinamici-non lineari del clima, vincolate dalle osservazioni.
In uno scenario di forcing intermedio
Per gli scenari bassi, medi e alti rif. IV rapporto IPCC, vol. I, cap. 10 sez. 2
le versioni che riproducono meglio i cambiamenti nelle temperature alla superficie degli ultimi cinquant’anni danno per il 2050 un aumento della temperatura globale media da 1,4 a 3 gradi Kelvin, rispetto alla media per il periodo 1961-1990.
Kelvin, perché gli irlandesi non si sentano esclusi?
Fin qui niente di nuovo, lo diceva già il IV rapporto dell’IPCC cinque anni fa. La differenza è che nelle nuove simulazioni la forbice
si allarga verso un riscaldamento maggiore negli insiemi di opportunità (1) usati di solito per valutare gli impatti del clima. Dalle nostre simulazioni, risulta a metà del 21mo secolo un riscaldamento più marcato che nelle stime precedenti, il quale collima con le variazioni di temperatura osservate di recente.
In altre parole: se le emissioni di gas serra e quindi la concentrazione atmosferica di CO2 vanno avanti come ora, i modelli che riproducono meglio le variazioni recenti danno maggiori probabilità di 3-5 gradi in più nel periodo 2041-2060.
(1) Si usano tecniche diverse per gestire le incertezze intrinseche, ognuna con i suoi problemi. Per i particolari, rivolgersi a Claudia Tebaldi dell’NCAR a Boulder e al suo gatto.
O a Gavin Schmidt che giusto questa settimana è a Venezia, ma non sa l’italiano.
Tornando al tema dell’attribuzione, su Nature Climate Change il duo Coumou–Rahmstorf analizza l’aumento degli eventi meteo estremi del 2000-2011. Tengono conto della correzione alla loro teoria per l’ondata di caldo in Russia fatta dal popolo il mese scorso.
Per tempeste, tifoni, uragani e simili, i dati non sono conclusivi. Per il resto concludono così:
In una famosa udienza del 1988 (1), Jim Hansen dichiarò al Congresso “è ora di smetterla con le ciance e di dire che l’evidenza è bell’e robusta: l’effetto serra c’è”. Più di vent’anni dopo, l’evidenza è robusta: estremi antropogenici di caldo e di pioggia ci sono e stanno causando un’intensa sofferenza umana.
E ne parlano anche da Real Climate (h/t S. Caserini).
Nell’estate che prevale da mesi in Canada e in USA, il 18 marzo era comparso l’inverno sulle montagne fra Arizona e New Mexico.
(1) grazie a Steph per la correzione.