Meno di un miliardo di persone, stando alle nuove stime. Bene, ma come dice l’Economist
That said, hunger is still high and, in two parts of the world, is growing. In sub-Saharan Africa, the number of hungry people rose by 1m a year in 2000-05 but by more than 6m a year between 2007-09 and 2010-12. In the Middle East and North Africa, there are almost twice as many hungry people now as there were in 1990-92 (41m compared with 22m)… So the news is good on average, but not everywhere.
Ho presto il titolo da Marco Da Ponte, Action Aid, che ci risponde qui:
Il problema non è la mancanza di cibo, ma l’impossibilità – da parte dei più poveri – a produrlo o a comprarlo. La fame si insinua dove esistono povertà e disuguaglianze. E se una parte del mondo non riesce a comprarsi da mangiare – mentre l’altra parte del mondo lotta contro l’obesità – lo si deve alle attuali disfunzioni del sistema alimentare e alle molteplici distorsioni delle politiche globali, che considerano il cibo una merce e non un diritto. Un sistema che “fa” la fame in quanto “prodotto” di scelte scorrette da parte di imprese, governi, organizzazioni internazionali e della mancanza di volontà politica.
Sul cibo come “diritto” Marco non si sofferma. Scrive un articolo su dati e fatti, non sta a spiegare l’idea di “diritto” che abbiamo ad Action Aid. In vista del 16 ottobre, Giornata mondiale dell’alimentazione, conviene fare un esempio proponendo una ricetta. Se vi convince, la firmate e la fate girare?
La parte sui biocarburanti può sembrare esagerata, dopotutto la jatropha non si mangia. Però occupa terre necessarie alla sopravvivenza. Nel 2006 e anche dopo, in India – dove vive, per così dire, metà degli 870 milioni di affamati – certe associazioni femministe, alcune formate apposta dai partiti, erano favorevoli. Con i sussidi, coltivare jatropha doveva fornire un reddito alle piccole contadine. Anche se non fossero spariti in corruzione, non basterebbero a comprare cibo sempre più caro (fig. 1/7 p. 16).
Oltretutto i vari governi avevano censito come incolte molte terre coltivate proprio dalle contadine più misere.
Il canto dei topi
Le registrazioni portate a frequenze udibili da umani sono qui in fondo. Arriaga, Zhou e Jarvis hanno mappato le attività cerebrali, durante il canto, di topi resi sordi – temporaneamente – prima e dopo aver sentito il canto di altri, e di sordi congeniti. Confrontano anche le zone attive con quelle del macaco, degli uccelli canterini e dei polli dal cervello organizzato in modo completamente diverso, e umani, uguale a quello dei topi ma con in più tanta neo-corteccia.
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Confrontarlo con il cervello delle balene per ora sembra difficile.