Speciale di Nature per festeggiare il modello dell’atomo pubblicato nel 1913 da Niels Bohr. Ormai si sa che non ha una stuttura a sistema solare, ma il modo in cui Bohr aveva quantizzato (1) le orbite dell’elettrone – questo sconosciuto! – ha generato innumerevoli esperimenti di fisica e chimica che hanno migliorato la teoria la quale ha generato nuovi esperimenti che…
(1) Lo faceva anche da portiere della squadra universitaria danese, scribacchiando formule su un palo (Abraham Pais, Il danese tranquillo).
Tutto il numero vale la pena in realtà. O’ digest:
– Rassegna delle ricerche sulle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide uscite negli ultimi sei anni. Confermano la fusione accelerata a Nord, sopravalutano probabilmente la massa persa a Sud. No surprise, rif. anche la rassegna di Steph. Il mio modello prevede lo stesso giudizio nel prossimo rapporto IPCC;
– Il più antico, finora, dei tarsiformi, e il primo di noi primati era un lemure piccolino che si nutriva di insetti e viveva sugli alberi in Cina, 55 milioni di anni fa;
– due paper sonori, uno del gruppo diretto da Alberto Migliori a Los Alamos sulla riga che fa da confine alle transizioni di fase nell’Ybacuo, un ossido di rame superconduttore – sonoro nel senso che l’hanno identificata con gli ultrasuoni – e l’altro del gruppo diretto da Sandro Stringari a Trento, sul “secondo suono” nel senso di onda entropica emessa quando la parte superfluida di un gas di Fermi non oscilla in fase con la parte normale. Chapeau to both…
– in open access il genoma dell’Utricularia gibba, una piccola pianta carnivora che aveva incantato Darwin (a casa faceva esperimenti con le veneri acchiappamosche e il figlio James). Con quella dieta, plasticità e mobilità, come mai ha così pochi geni? Gli autori dicono che sembrano pochi, tanto più per un genoma triplicato durante l’evoluzione da un’antenata a patate e pomodori, ma che è quasi tutto DNA codificante (97%).
– Julia Pongratz del Max Planck-Meteo rammenta agli interessati che per riprendersi, assorbire CO2 e tamponare il cambiamento climatico, le foreste hanno bisogno dei nutrienti giusti e non di altri inquinanti. Come dimostrano gli esperimenti FACE ideati da Franco Miglietta (rif. Sole-24 Ore). Forse ne è una conferma un paper sul Geophys. Res. Lett. che Franco Miglietta che mi ha segnalato, sull’aumento recente della verdura nelle zone calde e aride che essendo disabitate sono anche meno inquinate:
Using gas exchange theory, we predict that the 14% increase in atmospheric CO2 (1982–2010) led to a 5 to 10% increase in green foliage cover in warm, arid environments. Satellite observations, analysed to remove the effect of variations in rainfall, show that cover across these environments has increased by 11%. Our results confirm that the anticipated CO2 fertilization effect is occurring alongside ongoing anthropogenic perturbations to the carbon cycle and that the fertilisation effect is now a significant land surface process.
Non so come gli autori abbiano sottratto le riforestazioni, per es. la “cinta verde” piantata a sud del Sahel negli ultimi trent’anni o la sostituzione di specie rade e dalla crescita lenta con gli eucalipti semi-infestanti che si vedono dall’India al Madagascar ecc. ecc.
@oca
a proposito di sintesi e di “calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide”
per chi non riesce a procurarsi l’open access, una sintesi sintetica è sintetizzata in questo mio post in cui sintetizzavo un po’ di cose e anche uno speech sintetico che Koni Steffen ha tenuto all’ETH tre mesi fa.
😉
@Steph
aggiungo il link sopra, grazie