Carl Djerassi


Foto con Tom Stoppard, dall’autobiografia La pillola, gli scimpanzé pigmei e il cavallo di Degas – Garzanti 1994 – e riprodotta in una bella intervista l’anno scorso sull’Independent. (E la sua casa a San Francisco era ancora più spettacolare di quella di Londra.)

Era affabile anche con le croniste che ne criticavano le opere letterarie e teatrali (anche Oxygen, scritto insieme a Roald Hoffmann, di cui avrò criticato decine di versioni!).

Oggi i media lo ricordano come il “padre della pillola”, un sopravvissuto all’antisemitismo, un milionario grazie a tanti brevetti e un collezionista d’arte, un filantropo generoso con artisti, amici, altri scienziati.

A me piace anche ricordare la sua amicizia proficua con il figlio di altri emigrati, Alejando Zaffaroni che durante la secondo guerra mondiale alla Syntex in Messico ha dato lavoro a tanti profughi dal nazismo e durante la caccia alle streghe in USA a ricercatori sospettati di simpatia per i comunisti, cacciati dalle università.

Carl dirigeva il laboratorio dove Kary Mullis e un paio di tecnici – ai quali lasciava le briglie sciolte come a tutti – inventarono la reazione a catena della polimerasi. Era furente per non aver ricevuto il Nobel anche lui (dati i pasticci combinati da Mullis, fuori come un balcone anche perché provava su di sé ogni droga che riusciva a trovare, mi sa che un po’ lo meritava).

Si atteggiava a seduttore irresistibile, ogni tanto ne rideva anche lui. In realtà ho l’impressione che fosse fedele, almeno all’ultima moglie.