Stamattina alla Oche sono saltate le news sul clima. Oltre a quelle che mi ero segnata qui nei giorni scorsi, nel Journal of Climate, Carl Mears e Frank Wentz hanno pubblicato una serie delle temperature in alta quota che riconcilia le misure delle radiosonde e quelle dei satelliti dal 1979 al 2016:
The changes result in global-scale warming (global trend (70S-80N, 1979-2016) = 0.174 C/decade), ~30% larger than our previous version of the dataset (global trend, (70S-80N, 1979-2016) = 0.134C/decade).
Era la versione del 2009. Nella serie più lunga, il riscaldamento accelera dal 1998, non c’è stata alcuna “pausa”. Dicono che restano discrepanze tra la temperatura fra i tropici e quella, probabilmente sottostimata, della colonna di vapore acqueo sopra gli oceani.
Da Carbon Brief Zeke Hausfather paragona la nuova versione con la serie GisTemp alla superficie terrestre: la tendenza al riscaldamento è un filino maggiore in alta quota. I globalcoolisti dovranno consolarsi con la crescita della banchisa antartica, in questi mesi non delude mai.
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Di corsa ho citato l’insieme di modelli economici pubblicato su Science da Solomon Hsiang e altri 24 autori che collaborano al Climate Impact Lab. Stimano l’effetto dei cambiamenti climatici sul PIL per ognuna delle 3.143 contee degli USA continentali (non le Hawaii e l’Alaska) in base ai dati meteo e alla loro evoluzione nello scenario di emissioni 8.5 (le emissioni di gas serra e quindi la temperatura aumentano come prima) per alcuni settori produttivi e sociali:
The combined value of market and nonmarket damage across analyzed sectors—agriculture, crime, coastal storms, energy, human mortality, and labor—increases quadratically in global mean temperature, costing roughly 1.2% of gross domestic product per +1°C on average. Importantly, risk is distributed unequally across locations, generating a large transfer of value northward and westward that increases economic inequality.
Se il welfare rimane costante (cioè scarso), nel 2080-2099 le contee povere del sud e del Midwest ci rimetteranno da 2 a 5,6% di PIL in media per ogni +1 °C, con rese agricole in calo del 9%. In quelle del nord, soprattutto sulla costa atlantica e pacifica, e attorno ai Grandi Laghi, il PIL aumenta fino al 10% e il danno peggiore è l’aumento dei delitti contro la proprietà…
Gli autori scrivono che per adesso i settori sono soltanto quelli con dati omogenei e quindi le incertezze sono maggiori di quelle che riescono a calcolare. Ce n’est qu’un début, stanno già tappando alcuni buchi. Mancano gli impatti sulle risorse idriche, gli ecosistemi costieri, il turismo, i trasporti ecc.
Rif. anche The Atlantic e The Guardian.
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Loaded dice = new normal
Ahvaz, poco distante dal Golfo Persico, 1 milione di abitanti: ieri 54 °C, e il caldo di giugno in Europa è stato analizzato dal gruppo World Weather Attribution.
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“Cosa ne pensi” del cioccolato che migliora le funzioni cognitive? Si dice così da sempre e mi piacerebbe, ma si dice anche di caffè, broccoli, agrumi, mirtilli, noci ecc. ecc. Comunque le ricerche citate nella rassegna sono in maggioranza correlazioni, per di più statisticamente traballanti. E su cibo e neuroscienze, secondo me Frontiers non è un editore affidabile.