Primo piano
Andrea Idini ricorda che i ricercatori dell’Unione Europea hanno tempo fino all’8 febbraio per partecipare alla consultazione sul “piano S” dell’ex commissario europeo Robert Jan Smits, caldeggiato da cOAlition S, un consorzio di enti che finanziano la ricerca.
In breve, prevede che a partire dal 2020 le pubblicazioni scientifiche risultanti da ricerche finanziate con fondi pubblici siano pubblicate su riviste o piattaforme conformi all’Open Access, cioè gratuite per i lettori e a pagamento per gli enti di ricerca. Del consorzio fa parte l’INFN, per esempio, che ha un sunto in italiano delle buone intenzioni.
Da settembre l’iniziativa viene presentata con varianti e contraddizioni che creano una confusione pazzesca.
Tanto per cominciare esistono diverse forme di open access: green, gold, diamond, platinum, ibrido (escluso dal piano o forse no), da parte di editori a scopo di lucro e di società/accademie scientifiche – dimentico sicuramente qualcosa.
La forma primigenia, esclusa anch’essa dal piano, sono i preprint depositati su siti come arXiv che ormai esistono per molte discipline scientifiche e che sono finanziati da fondazioni, associazioni di categoria, enti di ricerca e università – di solito non europee.
Leonid Schneider ha pubblicato le prime obiezioni su “For better science”, raccoglie le altre via via su twitter ed è stato alla conferenza di Academic Publishing Europe a Berlino il 15-16 gennaio per sentire cosa aveva da dire Smits e come reagivano gli editori. He wasn’t impressed. Seguire gli sviluppi e spiegarli è un lavoro a tempo pieno, non ci provo nemmeno. Trovate i nodi venuti al pettine nelle riviste scientifiche, in giornali come il Times Higher Education e vari quotidiani. Per cominciare, mi sembra utile la lettera aperta citata da Andrea, che è nel comitato scientifico di una rivista “Open” della Royal Society e – guarda caso – scrive:
Alla Royal Society sostengono che il loro Hybrid OA è compliant perché permettono la pubblicazione dei preprint anche dopo la revisione.
Alla APS [American Physical Society] fanno la stessa cosa ma temono di non essere compliant.
In Svezia ci sono argomenti similari da parte delle associazioni di categoria.
I contribuenti europei che pagano le ricerche e la loro pubblicazione in open access non sono consultati. Se lo fossero, potrei dire l’obiezione mia. Preferirei sovvenzionare riviste di società/accademie scientifiche che ritrovarmi ad arricchire la famiglia Markam. Infatti il consorzio cOAlition S ha affidato la difesa e la realizzazione del piano all’editore Frontiers al quale interessa più il profitto che la qualità della merce. Il risultato si vede a occhio nudo.
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Secondo piano
Marco P. mi scrive del progetto per un nuovo LHC, a suo avviso più interessante da discutere in radio che Banfi all’Unesco – notizia che mi era sfuggita, confesso, o “amenità” come l’incontro anti-vax nella sala stampa della Camera organizzato da Sara Cunial del M5*.
Quella del futuro collisore circolare (FCC) no, perché una decina di giorni fa il CERN ha pubblicato i risultati dello studio che aveva commissionato. In breve, circonferenza: 100 km; stima del costo: 21 miliardi di euro.
Da allora se ne parla sulle riviste, di solito con scetticismo:
The case for building any new collider is weaker than particle physicists had hoped it would be when the LHC started to take data in 2010. They had hoped that in addition to—or perhaps instead of—the Higgs, the LHC would blast out other new particles and break their decadeslong stalemate with the standard model. The LHC has yet to produce any such particles… (Science)
“There is no reason to think that there should be new physics in the energy regime that such a collider would reach,” says Sabine Hossenfelder, a theoretical physicist at the Frankfurt Institute for Advanced Studies in Germany. “That’s the nightmare that everyone has on their mind but doesn’t want to speak about.” (Nature)
e sui giornali da quando Elon Musk ha detto di esser stato contattato per partecipare alla sua costruzione. Marco dice che anche al CERN
si considera se la ricerca di nuova fisica oltre il modello standard debba per forza passare per acceleratori sempre più grandi
e che lunedì c’è stato il seminario “Misurazioni sulla scala di una scrivania (tabletop) possono sondare la fisica oltre il modello standard con grande sensitività” durante il quale il gruppo ACME ha presentato i propri risultati. Guarderò le slides quando usciranno, ma tendo a fidarmi perché ha una buona reputazione.
Mi son anche fatta l’idea che c’è un difetto di immaginazione, o qualcosa di novecentesco, nell’aumentare le dimensioni delle macchine senza avere una teoria – innanzitutto della loro maggior efficacia – che le giustifichi. Decenni fa ho letto in parte La rivolta di Atlante, quindi ho sicuramente un pregiudizio: trovo che sia più da ingegneri megalomani à la Elon Musk che da ricercatori.
Per una coincidenza temporale, mi è venuto in mente il fisico He Jiankui, le gemelle cinesi e il “senso del limite” di cui parla Marco Annoni in un articolo per la rivista della Fondazione Veronesi. Dovrebbe interessare Marco P., il gruppo ACME e il gruppo Ipazia 2.0 della Libreria delle donne.
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Nessun piano
“Climate, conflict and world migration” è una ricerca coordinata dall’IAASA con un sacco di dati e riferimenti bibliografici che interesseranno le Ong internazionali:
our results indicate that there is no empirical evidence backing the existence of a robust link between climatic shocks, conflict and asylum seeking for the full period 2006–2015.
Non molto originale, ma è un modello di tipo economico delle interazioni tra il clima, i conflitti politici e armati, e le migrazioni. I cambiamenti climatici causano un aumento dei richiedenti asilo solo in certi contesti:
The estimates of our model support these causal linkages only for the period 2010–2012, where global refugee flow dynamics were dominated by asylum seekers originating from Syria and countries affected by the Arab spring, as well as flows related to war episodes in Sub-Saharan Africa.
Le siccità sono il nesso causale più evidente anche dove c’è un minimo di democrazia:
Excluding these regions from the analysis provides further statistical evidence, that the link between climate shocks, conflict and subsequent migration flows might rather be interpreted as a local phenomenon and therefore very specific to these regions. Indeed, our study shows that an increase in drought episodes can drive outmigration through exacerbating conflict in a country with some level of democracy.
Manca del tutto il livello di istruzione, di solito quello dei richiedenti asilo è più alto. Rif. anche Bloomberg che collega la ricerca a un rapporto del Pentagono.
Preferirei sovvenzionare riviste di società/accademie scientifiche
Alcuni ci marciano un po’ (vedi Instute of Physics vs IOP publishing che non sono la stessa entita’ ne’ la stessa entita’ fiscale, sebbene abbiano legami, e quest’ultima e’ for profit) ma generalmente data la natura non-profit delle accademie/societa’ la loro divisione publishing non comporta costi aggiuntivi per la societa’ (se non quelli necessari a mantenere gli scienziati stessi).
Il Piano S e’ vero che e’ fatto per dare una svolta “open” alla pubblicazione accademica, ma alla fin della fiera come sempre dovrebbe essere un problema dei soldi dei contribuenti, problema che non si pone in caso di societa’ scientifiche.
Pero’ evidentemente ci sono diversi interessi in ballo (anche economici) considerato il coinvolgimento di Frontiers (che neutrale non e’) e dei publisher cinesi (ibidem) dato che non si preventiva alcun “trattamento speciale” di queste associazioni ne’ un piano di accompagnamento alla fondazione/refurbishment di quei campi in cui le associazioni sono allo sbando (biologia?), cosa che dovrebbe essere fondamentale per la riuscita pratica di un piano del genere. Sempre nel caso che l’interesse sia per l’open science e migliorare i soldi dei contribuenti.
D’altronde arXiv non e’ nato a caso: APS (American Physics Society, che e’ senza alcun dubbio il piu’ grosso publisher in fisica) ha sostenuto enormemente il progetto. E’ stata la prima a informare gli autori, cosi’ come ad adottare misure editoriali per favorire questo tipo di open access e finanche aiuto tecnico (c’e’ un metodo per caricare automaticamente gli articoli da arXiv anziche’ passare per APS).
Andrea,
sottoscrivo, più che a un piano somiglia a un’improvvisazione – come se nessuno ci avesse pensato prima in quasi 30 anni di esperimenti e di fallimenti.
Smits sembra essersi accorto che non esiste una soluzione unica, perché a Berlino ha detto che ognuno può fare come vuole e per le sanzioni si vedrà. Come per Brexit, più s’avvicina la scadenza e più aumenta la confusione.
Comunque non mi spiego che quelli di cOAlition S sostengano un editore come Frontiers.