"Complessità cronica"

Con un editoriale intitolato “La necessità di tirar via l’anidride carbonica dall’aria – Ma è difficile farlo sulla scala richiesta”, l’Economist si schiera con gli scienziati e rifiuta di credere ai miracoli. Fra gli interventi per affrontare la crisi climatica, spiega il Briefing, servono “emissioni negative” che il

Il grassetto del sottotitolo è per quelli che leggono soltanto i titoli e ne travisano il senso, preciso ad usum del “Gentile dr. Mariutti“.

(Si sarà manifestato su un blog che afferma di non frequentare e con uno strafalcione più comico del solito per farmi controllare se per caso non avesse prodotto un altro sproloquio da rimmel?)

E di altri, preciso prima che si monti di nuovo la testa.

La settimana scorsa, dicevano Lele Liguori e due economisti a Radio popolare questa mattina, molti hanno preso le “Illusioni della diseguaglianza” sparate in copertina per “La disuguaglianza è illusoria”. In realtà, si trattava di un “dissenso accademico”: la differenza tra le stime – fatte da Thomas Piketty et al. nel 2018 e da Gerald Auten e David Splinter nel 2019 – riguardanti il reddito dell’1% della popolazione statunitense tra il 1960 e il 2018 prima e dopo le tasse.
Spoiler alert: la diseguaglianza aumenta, ma alcune forme di tassazione la riducono.

Spoiler alert di oggi: i sistemi per catturare la CO2 dall’aria soffrono di “complessità cronica”. In breve e in pratica, si scontrano con un groviglio di ostacoli tecnici, economici, ambientali, sociali e politici.

“E a Genova c’è il mare,” sospirano gli habitués dell’oca s. soprattutto se invece di fidarsi cliccano sui link. Ma non nuoce che lo ripeta un giornale con oltre 2,5 milioni di lettori.

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Su Science, niente esortazioni per i partecipanti alla COP25, ma una buona notizia e una che forse…

Mentre in USA, Trump tenta di nuovi di tagliare i fondi per le ricerche legate a clima e ambiente, “L’Europa guiderà il monitoraggio spaziale del carbonio“, scrive Daniel Clery.

  • Perfino gli ottimisti dell’Agenzia spaziale europea sono rimasti stupiti la settimana scorsa, quando i governi [dei 22 paesi membri] le hanno destinato un budget triennale di  €12,5 miliardi… 20% in più rispetto al precedente.

L’aumento più cospicuo (29% = €1,8 miliardi) è destinato ai satelliti Sentinel della missione Copernicus:

  • una flotta di satelliti che registrano continuamente aspetti dell’atmosfera e della superficie terrestre, compresi i contorni della superficie marina e i cambiamenti della vegetazione. Il denaro aiuterà l’Europa a espandere la flotta e a osservare le fonti antropiche di CO2 su base quotidiana. L’ESA diventa pertanto l’unica agenzia spaziale in grado di monitorare gli impegni presi con l’accordo di Parigi per ridurre i gas serra. 

I nuovi Sentinel fanno parte del gruppo Carbon Sat, ma avranno anche sensori per i NOx prodotti da fonti fossili,  la composizione delle nubi, dei “pennacchi” di singoli centrali termiche, e per gli aerosol.

Nei paper, quello  in open access di Matthew Betts e una quarantina di ecologi riguarda un danno della deforestazione che sarebbe minore del previsto. Il tasso attuale delle estinzioni delle specie è circa 100 volte maggiore del “tasso di fondo” prima che ci pensasse l’Homo sapiens. Fin qui sono tutti d’accordo. Il dissenso riguarda il tipo di distruzione e quindi gli habitat da ripristinare per primi.

E la “complessità cronica” degli ecosistemi, il livello di interdipendenza delle specie animali e vegetali, per dirne una.

  • La frammentazione delle foreste è un tema particolarmente urgente perché il 70% di quelle rimanenti sono entro 1 km del loro bordo [dal quale inizierebbero le estinzioni] e si prevede che nei prossimi 50 anni, aumenterà la frammentazione delle foreste tropicali, le più intatte. 

Sulle superfici storiche delle foreste fino al 2000, hanno mappato i dati riguardanti 4.489 specie animali. Risultato:

  • la proporzione delle specie sensibili alla frammentazione è quasi tre volte maggiore nelle regioni con pochi sconvolgimenti storici che in quelle dove erano avvenuti spesso incendi, glaciazioni, uragani e deforestazione. Questi sconvolgimenti coincidono con un gradiente latitudinale dove la sensibilità aumenta di sei volte rispetto alle latitudini elevate.

Conclusione: bisogna innanzitutto conservare e ripristinare le foreste tropicali. Nelle regioni temperate e boreali, il “filtro dell’evoluzione” ha selezionato specie animali capaci di adattarsi e quindi se la caveranno.

Come le estinzioni che iniziano dal bordo dell’habitat, anche il filtro dell’evoluzione è teorico, e non esiste una ricostruzione affidabile della superficie coperta da foreste 10 mila anni fa. Nemmeno di quella in America Latina prima che gli europei sterminassero il 90% degli abitanti e che ricrescessero negli habitat frammentati.
Incipit del commento di Anna Hargreaves:

  • Una verità universale dell’ecologia è che gli esperimenti sul campo non supportano mai la teoria all’unanimità.

La teoria di Betts et al. potrebbe sovrastimare la capacità di adattamento alle latitudini elevate e sottostimare quella nelle foreste tropicali. Invece

  • Se il filtro dell’estinzione elimina le specie sensibili, i risultati di Betts et al. suggeriscono un futuro cupo per gli animali specializzati delle foreste tropicali che stanno rapidamente esaurendo le foreste intatte dove cercare un rifugio.

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A proposito di foreste e del mantra bigoilista “la CO2 è il cibo per le piante”. Su Global Change Biology, Shankar Panthi et al. scrivono che nell’Himalaya è vero ad alta quota, nelle zone umide dove l’aumento della temperatura favorisce la crescita delle conifere. Succede il contrario alle quote più basse nelle zone sia aride che umide dove l’aumento della concentrazione atmosferica di CO2 non compensa i danni dovuti all’aumento della temperatura e dell’aridità…

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Oh dear… But she took it well.

2 commenti

  1. Segnalo che secondo l’eccellente blog AstronautiNews il budget approvato dall’ESA è ancora più alto della cifra indicata nell’articolo:
    https://www.astronautinews.it/2019/12/apporvato-il-nuovo-budget-esa-144-miliardi-per-i-prossimi-anni/
    Come si può vedere incorporano un’immagine (slide?) ufficiale dell’ESA dove si vede che il totale è di 14,4 miliardi€, per la precisione 14.388 milioni€, suddivisi per i paesi contributori.
    Chissà come si è generata questa discrepanza nella comunicazione, la cifra usata da Science l’ho vista usare anche da altri.

    1. Marco Balzarini,
      Chissà come si è generata questa discrepanza
      non so. Forse Science intende solo il budget per le missioni spaziali. L’ESA è come la NASA, commissiona ricerca di base in parecchi settori, scienze dei materiali, matematica, sicurezza informatica ecc.

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