Potenziale di riscaldamento

John Lynch , Michelle Cain e le superstar Raymond Pierrehumbert e Myles Allen propongono un nuovo metodo – una serie di “principi” per calcolare il potenziale di riscaldamento globale sull’arco di un secolo (GWP100). Ci lavoravano da anni se non ricordo male i paper precedenti, un passo dopo l’altro anche perché politicamente è una questione delicata.

Dai tempi del protocollo di Kyoto, di più dopo le regole adottate con l’Accordo di Parigi, c’è un problema. Visto che le varie attività – agricoltura, industrie, trasporti ecc. –  emettono miscele diverse di gas serra, e di aerosol che magari raffreddano, come quantificare e valutare – nel caso di riduzione effettiva delle emissioni – le strategie più efficaci per arrivare a “emissioni zero” o alla “neutralità climatica”?
Risposta dei governi: organizziamo il rendiconto dei progressi in modo che tutti i paesi firmatari possano fare bella figura (non è una critica, o così o non ci stavano e addio dati).
Il nuovo metodo si chiama GWP* e consente di prevedere il riscaldamento causato dalle emissioni di “inquinanti climatici” detti “CO2 equivalenti”, tenendo conto del loro accumulo storico (semplifico, chiedo scusa, ma è un paper lungo), delle rispettive “longevità” in atmosfera e dei loro “impatti contrastanti”.
Il principio di base, anche per i rendiconti, sta nel raggruppare separatamente le emissioni di “inquinanti climatici” cumulativi “a vita breve” invece di considerarli tutti “CO2 equivalenti”.
Per illustrarne l’efficacia, usano l’esempio di un’emissione per il metano e di una per la CO2 che restano entrambe costanti per duecento anni. Calcolano i riscaldamenti rispettivi prima in base al GWP100 (creato a tutt’altro scopo, e “usato impropriamente”) che all’inizio lo sopravvaluta e nei decenni lo sottovaluta. E poi ripetono l’operazione con il GWP* che collega direttamente il tipo di emissioni al riscaldamento che produce.
Come mezzo per guidare una strategia di mitigazione, scrivono, il GWP100 è ingiusto, inefficiente e pericoloso.

  • Ingiusto perché non fornisce un legame chiaro tra emissioni e contributo ai cambiamenti climatici, e può portare all’aspettativa che alcuni attori – che emettono a lungo termine metano – devono disfare il loro riscaldamento passato, mentre quelli che emettono CO2 devono solo ridurre il loro aumento della temperatura.
  • Inefficiente perché sopravvaluta il livello di azione necessario per compensare le emissioni a lungo termine di metano mentre sottovaluta i potenziali benefici a breve termine della loro riduzione.
  • Pericoloso perché può sottovalutare di molto gli impatti di emissioni crescenti di metano e nascondere la necessità fondamentale di azzerare appena possibile le emissioni di CO2 …

L’ultimo pericolo è politico:

  • Basare gli interventi per il clima e il mercato delle emissioni su una metrica palesemente incapace di riflettere l’impatto delle diverse emissioni sulla temperatura globale e, al contempo, affermare che essi sono progettati per raggiungere un obiettivo a lungo termine espresso come temperatura, rischia di minare la fiducia nell’intera strategia.

A proposito.
Su Nature Climate Change, Lorenzo Polvani et al. stimano il riscaldamento dovuto ai soli clorofluorocarburi e gas simili vietati dal protocollo di Montreal. Nei loro due modelli – con e senza l’aumento dei gas serra – causano quasi un terzo del riscaldamento dal 1955 al 2005, non perché distruggono l’ozono ma per la loro forzante radiativa (il loro GWP). Infatti il contributo è molto maggiore al polo Nord dove il “buco” è piccolino:

  • quando la loro concentrazione atmosferica resta fissa, il riscaldamento forzato della superficie dell’Artico e la perdita di ghiaccio marino è metà di quello che accade quando viene lasciata aumentare.

P.s. Alla Columbia University, N.Y., il prof. Polvani cerca post-doc.
– Glen Peters, Corinne Le Quéré e altra bella gente denunciano – dati pro capite alla mano – i colpevoli dell’aumento delle emissioni di gas serra: il carbone tuttora “re” anche se in declino, il petrolio e il metano vantato come ponte verso la transizione alle rinnovabili:

  •  Gli interventi pubblici devono dare un’importanza molto maggiore a tagliare direttamente uso dei combustibili fossili o a rimuoverne le emissioni attraverso la cattura e lo stoccaggio del carbonio, in particolare eliminando via via (phasing out) le centrali a carbone e i veicoli convenzionali ben prima che giungano alla fine della loro vita produttiva. 

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Climalteranti ha finalmente aggiornato la pagina dei link (potete suggerirne altri, se li ritenete affidabili) e aggiunto quelli ai dataset usati da Raymond Pierrehumbert nel suo classico “Principles of Planetary Climate”, solo che non sono aggiornati dal 2014 e mi sembrano un po’ per ricercatori.

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Prendere alberi per foreste, passim
Come previsto da Stefan Rahmstorf nel commentare l’articolo di Bastin et al., al World Economic Forum i padroni del vapore sono entusiasti all’idea di “ripristinare la biodiversità e combattere i cambiamenti climatici” facendo “ripristinare e conservare” – chissà dove e da chi – mille miliardi di alberi entro il 2030. Perfino Trump ha detto

  • di voler mostrare una “forte leadership nel ripristinare, crescere e gestire meglio i nostri alberi e le nostre foreste”

L’ha già dimostrata tagliando ripetutamente i fondi dello US Forest Service e della US Fire Administration e autorizzando l’abbattimento di foreste federali. Tanto, son capaci tutti di piantare alberi e per prevenire gli incendi delle foreste basta un rastrello…

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La GWPF – nel senso di fondazione di alcuni miliardari inglesi che finanzia e diffonde bufale sul clima – si è fatta beccare di nuovo a truccare la scala di un rapporto in un grafico, pur di sostenere che l’aumento della CO2 atm. non ha niente a che fare con quello delle temperature e che il riscaldamento degli scorsi decenni è interamente dovuto al Niño.
Il trucco è detto “rapporto Salby“, dall’uso che ne faceva un malfattore le cui bufale sul clima erano promosse dalla “mercante di dubbio” Judith Curry.
Il World Economic Forum si è fatto beccare da una ragazzina a falsificarne una frase per renderla catastrofista.

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