Rentrée littéraire – 2

Ho conosciuto e perfino intervistato  un po’ di matematic* e mi chiedo cosa penserebbero di “La matematica è politica”, il breve libro di Chiara Valerio (Einaudi), un’aggiunta personale e di attualità alla sua “Storia umana della matematica” (Einaudi, 2016).
Romanziera, divulgatrice, saggista, traduttrice di Virginia Woolf, ha uno stile inconfondibile. Così seducente che mi viene da darle ragione a prescindere e di immaginare che condividiamo quanto di implicito c’è nella parentesi con la quale ogni tanto conclude un paragrafo, come “(voce fuori campo di Natalia Ginzburg)” o della nonna, o Leo Longanesi o Maria Nadotti. Ecco la mia: (le occasioni per fermarsi, frugare nei propri ricordi e riflettere abbondano.)
Per semplificare, l’equivalenza del titolo significa che matematica e politica esprimono funzioni e relazioni, ognuna con un suo linguaggio, con proprie regole grammaticali – gli strumenti di “manutenzione” che “minimizzano i fraintendimenti” e gli errori di calcolo. Ma le parole della matematica “non sono fraintendibili”, perciò

  • La matematica è, fra le discipline di manutenzione, quella grazie alla quale si capisce che solo gli ortodossi fanno la rivoluzione.

Wait a minute! Meglio la citazione riportata in copertina:

  • La matematica è stata il mio apprendistato alla rivoluzione, perché mi ha insegnato a diffidare di verità assolute e autorità indiscutibili. Democrazia e matematica, da un punto di vista politico, si somigliano: come tutti i processi creativi non sopportano di non cambiare mai.

A differenza degli altri processi,

  • la matematica si impara in una maniera che coinvolge il principio di causa-effetto, cioè la necessità, è la disciplina che, già dalle prime nozioni, fornisce una postura logica, che subito si rivela una postura etica e civile.

Una delle dimostrazioni consiste nell’interpretare in maniera logica, etica e civile la Costituzione, facendo

  • ciò che naturalmente fa un matematico dopo aver immaginato e scelto alcuni principi. Decide di dedurre un andamento, un comportamento, di giungere a una tesi. Svolgiamo dunque l’esercizio della democrazia

L’esercizio usa i principi degli art. I e II: una Repubblica fondata sul lavoro, in cui il popolo è sovrano, garantisce i diritti inviolabili dell’uomo; e degli art. 12 (la bandiera) e 54 “che impone ai cittadini cui sono affidati funzioni pubbliche di svolgere i loro compiti con disciplina e onore”.
Da matematica Chiara Valerio giunge alla tesi che non è né dignitoso né autorevole “lasciare che le persone muoiono in mare”. Siccome si era specializzata in teoria della probabilità, vien da chiederle di stimare quanti non matematici fanno “naturalmente” la stessa deduzione e giungono alla stessa tesi.
Poi giunge a un’altra tesi: nella democrazia disegnata dalla Costituzione, i leader politici, eletti o meno, non dovrebbero

  • esibi[re] il privato, la sfera sentimentale o emotiva mentre sono nel pieno delle loro funzioni.

Quando li esibiscono,

  • è una democrazia che trova possibile legiferare sulla vita privata e sulla sfera emotiva dei cittadini.

Tutte le democrazie legiferano, mi sembra, per tutelare i diritti inviolabili che certe vite private e sfere emotive di troppi cittadini violano troppo e troppo spesso – dal delitto d’onore impunito alle persone lasciate morire in mare.
Il privato è politico. Lo dicevamo da femministe “storiche” quasi mezzo secolo fa e la decriminalizzazione dell’aborto lo dimostra, mi sembra, così come lo jus sanguinis.
Così rileggendo il libro, ho capito dov’era nata la mia obiezione di sottofondo. Non toglieva niente al piacere della lettura, almeno per me. Se un saggio non genera resistenza, non mi costringe a riflettere sui miei assunti o credenze, ho l’impressione di perder tempo.
Obiettavo da pagina 33,

  • La matematica è l’unico linguaggio che mi viene in mente, l’unico esercizio in cui la verità prescinde dal corpo, in cui il punto di vista prescinde dal corpo anche se non dal soggetto.

Smettevo a p. 61 dove l’autrice racconta come da studentessa universitaria ha scoperto Bruno de Finetti – un matematico molto citato durante la pandemia, non solo in Italia – che ha reso formalmente soggettiva la teoria della probabilità. Una rivoluzione iniziata forse prima del reverendo Bayes.*
Per lei – me e molti altri – è la “conferma che la verità non esiste”, che “l’incertezza non è eliminabile” ma solo “misurabile”. De Finetti ha spostato l’attribuzione del “perché” dal perché un fatto accadrà al perché una persona prevede che accadrà, pertanto

  • il primo errore di valutazione siamo noi

La matematica politica è il calcolo delle probabilità, del rischio, dei costi e benefici privati e collettivi, mi aspettavo che il resto del libro ne tenesse conto. Invece ho ricominciato a obiettare su un punto solo, ma politico.
“Siamo noi”: matematici e non, soggetti e oggetti – anche stando alla Costituzione – di una matematica “civica”, indispensabile al buon governo della nostra vita e di quella comune. Noi popolo sovrano e insieme tutti diversi, ciascun* con un corpo, un punto di vista anzi parecchi, una storia e degli a priori che continuano a cambiare.

Siamo anche noi analfabet*, sgrammaticat* e illogic* perché sono stati i sentimenti e le emozioni nostre e manifestate dai corpi e dal linguaggio altrui a insegnarci i rapporti causa-effetto e una postura etica e civile. O perché sono stati gli argomenti di Chiara Valerio a insegnarci come contestare qualche proprietà esclusiva che attribuisce alla matematica? (E altri autori alla fisica o alla chimica o alla scienza tout court).

Grazie del regalo. E’ un libro da non perdere, insomma, da discutere con amic* e conoscenti tanto più in tempi di crisi sanitaria, ambientale ed economica, cioè politica.

* Nota per passanti occasionali: la mia “tesi” è che nasciamo bayesiani e se i frequentisti non ci traviano lo restiamo per tutta la vita.