L’Enciclopedia delle donne pubblica La via di Laura Conti, che quest’anno avrebbe compiuto cent’anni, una biografia scritta – in gran parte con parole sue – da Valeria Fieramonte. Partigiana del Fronte della Gioventù nel 1944 da studentessa di medicina a Milano, arrestata, deportata nel campo di Bolzano, dopo la Liberazione medico del lavoro, sociologa della sanità, comunista, romanziera, saggista, divulgatrice geniale, educatrice, del gruppo Sapere di Giulio Maccacaro, deputata dal 1987 al 1992…
Era un’intellettuale engagée nella lotta di classe e sempre di più in difesa dell’ambiente perché “One Earth One Health”, perché “bisogna essere rivoluzionari in campo sociale e conservatori in quello della natura”, molto amata e popolare.
A modo suo, da “eretica”, spesso in conflitto con il Partito, il sindacato, gli ambientalisti, le femministe, era impegnata nelle stesse battaglie ma dal punto di vista di una biologia e di un’ecologia un po’ eretiche anch’esse.
L’avevo conosciuta da Feltrinelli, dove lavoravo, ai tempi del disastro dell’Icmesa. Primavera silenziosa di Rachel Carson era di nuovo in ristampa, stava per uscire Ecologia e lotte sociali di Barry Commoner e Virginio Bettini, due suoi amici, con un’appendice su Seveso, e l’anno dopo usciva il suo Visto da Seveso, un altro best-seller. Ogni tanto l’accompagnavo a una delle presentazioni, sempre affollate.
Durante il viaggio parlava di libri in fieri o da tradurre, non della propria vita. Così l’ho conosciuta davvero attraverso due sue giovani amiche che erano nel gruppo Ipazia (donne e scienza) della Libreria delle donne: la matematica Angela Alioli, e Gemma Beretta, negli anni ’80, una saggia, colta e intrepida studentessa di filosofia. Da militante ambientalista a Seveso dove abitava, organizzava denunce, proteste, ripulisti, visite guidate per noi cronisti. Fino al dicembre scorso, era presidente del circolo Legambiente “Laura Conti”.
Angela e Gemma mi avevano fatto capire l’importanza politica di Laura Conti e dei suoi scritti, quanti!, ma della sua vita sapevo solo che il tempo le mancava sempre. Ho scoperto perché “non sapeva dire di no”, l’intreccio di privato e politico nei suoi articoli e negli inediti, in quelli dei suoi amici e compagni, quanti!, e dei suoi editori. Sono citati a lungo da V. Fieramonte, che li inquadra nel contesto delle sinistre italiane di allora, e in quello della ricerca in medicina, biologia, ambiente e clima (non sempre correttamente, secondo me).
In Italia, Laura Conti era una pioniera, una donna lungimirante che prendeva la parola, quindi una Cassandra. Per il “mondo della produzione” era una catastrofista. Perfino chi l’ammirava non condivideva certe sue idee malthusiane o di autarchia alimentare. Mica le cambiava, però il dissenso non le dispiaceva.
Molte delle sue previsioni si sono realizzate, pandemia e incidenti in centrali nucleari compresi, il suo pessimismo era giustificato. La sua modestia molto meno. Sottovalutava – mi sembra – l’influenza a lungo termine non tanto delle leggi europee che le dobbiamo, ma del proprio esempio, delle conferenze, dei libri come Questo pianeta, e di quelli per la scuola che le stavano tanto a cuore, forse i più importanti.
Adesso il Conti-pensiero è diventato senso comune, nessuno nega più il degrado dell’ambiente e della salute umana che ne consegue o che sia urgente rimediare. Ci manca lo stesso perché ci sono troppi conservatori sociali, troppi interessati a credere e far credere che la soluzione sia ancora più crescita – che distingueva dallo sviluppo e dallo stare meglio, come Julia Steinberger e la nuova generazione di economisti ambientali – e ancora più tecnologia spensierata.
Difficile leggere le notizie sulla sanità lombarda o sul nuovo governo senza pensare a lei.
Non so come faccia un libro di 330 pagine a costare solo 19 euro. Se zona arancione permettendo, ci sarà una presentazione, chiederò alle editrici.