Pleiotropici e politici


Doppio botto di Pardis Sabeti e copertina di Cell, impact factor 32,403 tanto per mantenere una buona media.

Un articolo racconta la storia di una mutazione del gene EDAR – detto allele EDAR370A – per il recettore di una ectodisplasina. A certe popolazioni asiatiche e loro discendenti nelle Americhe, conferisce una chioma lussureggiante fino alla tomba. Con la pleiotropia tipica di geni conservati ostinatamente  in specie che spaziano dai pesciolini tropicali ai maschi provvidenziali, conferisce pure altri tratti fenotipici che in teoria e in determinati ambienti la selezione naturale favorisce, per cui l’allele si diffonde nella popolazione.

Nei topi ingegnerizzati per esser portatori della mutazione corrispondente, gli effetti positivi sulla pelliccia sono analoghi, ma – sorpresa della pleiotropia – si scopre che ne ha anche sulle ghiandole mammarie e quelle sudoripare. Fatta questa dimostrazione sperimentale, con un modello al computer il gruppone di ricercatori in biologia, antropologia, dermatologia ecc. coordinato da Pardis ha stimato che nella specie umana quella mutazione è avvenuta tra gli Han in Cina circa 30.000 anni fa – con ampi margini di incertezza, comunque più di 15 mila anni fa.

(Se ne deduce che i primi americani non erano sapiens francesi come vorrebbe l’ipotesi solutreana e social-democratica, Solutré essendo lo sperone roccioso dal quale il presidente Mitterrand indicava la via una volta all’anno.)

L’altra ricerca pubblicata su Cell viene a monte di questa in realtà, e rientra nella specialità di Pardis: inventare strumenti matematico-concettuali utili ai biologi in senso lato.
Ogni gene ha un sacco di varianti, e anche le varianti studiate da anni hanno effetti sconosciuti come s’è visto con l’EDAR370A. Nel mucchio è quasi impossibile distinguere la mutazione che si diffonde per selezione positiva e in quali circostanze. E poi positiva fino a che punto? Non è che baratti  la protezione dalla malaria contro un’anemia falciforme? Nella marea di sequenze generate dal Progetto 1000 genomi, sembra che mutazioni così ci siano dappertutto, aghi da cercare in migliaia di pagliai uno diverso dall’altro.
Sempre con il gruppone, usando le sequenze di quel Progetto, Pardis ha costruito il test “Composite of Multiple Signals” (CMS), una sorta di filtro delle mutazioni influenti che ne valuta i segnali, da molecolari a epigenetici, e assegna loro un punteggio. Non è detto che uno alto sia negativo o positivo, più che altro assegna un ordine di priorità per la ricerca.
Per realizzare il test, hanno studiato oltre 400 mutazioni e approfondito quel centinaio che risultava implicato in funzioni essenziali: metabolismo, pigmentazione della pelle (da non sotto valutare, nel caso di scimmie nude) o sistema immunitario.

Per verificarne le capacità predittive, lo hanno applicato a un allele del gene TLR5. Stranamente, è collegato a un calo del recettore TLR5, una proteina che fa parte dell’avanguardia immunitaria: riconosce la flagellina rilasciata da batteri invasori – nonché dotati di flagello, come dice il nome – e avvisa le cellule killer di sbaragliarli. Perché la selezione dovrebbe propagare un allele che la riduce?
Per ora non si sa. Certi batteri però sono come certi virus, si fanno portare da cellule del sistema immunitario fino alle ghiandole linfatiche e da quell’insediamento sicuro partono alla conquista dell’intero organismo, il TLR5 mutato sarebbe quindi vantaggioso laddove le infezioni da batteri flagellati e infidi sono endemiche.

Il test CMS  rivela gli adattamenti all’ambiente, si può usare per una geografia della co-evoluzione di umani e patogeni. Sul versante pratico, ha già permesso di catalogare 59 mutazioni che hanno un rapporto causale con il livello di certe proteine, non soltanto una correlazione.
(Per i colleghi che vogliono avere tutti i particolari, Erin Ciccone del lab di Pardis ha preparato un pacco regalo con video, foto di autori, di cavie, di ciuffi di peli di cavie, articoli e spiegazioni.)

3 commenti

  1. Bella la foto in alto. Sarei curioso di vedere però come starebbe il Cavaliere in alta unifirme di capo delle forze armate e la bustina nera in testa.
    Anche se ormai le divise militari sono sorpassate e appanaggio di nostalgici e gasati ras africani e dittatori sudamericani, per me farebbe comunque un figurone da perfetto sciupafemmine.
    P.S. Non ho colto cosa ci fa l’utile profeta in coda all’articolo. La pelata in comune a tutti e 3 ? (Lo sanno tutti ormai che il cava in testa porta un rigido parrucchino in plastica rubato a Big Jim)

  2. Ok Sylvie. Ritiro anche la mia ultima parte di commento. Comunque in quella foto era in gran forma: tutti erano in pieno estro primaverile circondati da sbuffanti ecatz generosamente eroganti kilouattz di energia termica a spese di pochi mg di H2. I ruggenti mesi di UniBoh, dove, tra un allegro frullare di passeri beati, si risvegliavano i sensi e le grandi promesse di energia a prezzi popolari per tutti. Prima che la cattivo serpe krivit rompesse le uova nel paniere. Che epopea! E che nostalgia!

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