Sviluppo insostenibile


Lutz Bornmann del Max Planck e Ruediger Mutz del Politecnico di Zurigo hanno cercato di quantificare l’andamento annuo della produzione e della produttività in tutte le discipline – scienze “naturali” e “sociali” – dal Seicento in poi, basandosi sul numero di pubblicazioni e delle loro citazioni.

Le cifre sono terrorizzanti. Da 755 milioni di citazioni in 38 milioni di pubblicazioni – libri compresi – usciti tra il 1980 e i 2012, hanno identificato tre periodi di crescita:

from less than 1% up to the middle of the 18th century, to 2 to 3% up to the period between the two world wars and 8 to 9% to 2012.

La produzione raddoppia ogni 9 anni, non ogni 10 come stimava nel 2000 Anthony van Raan oppure ogni 20 come da un’analisi del 2010.

Richard Van Noorden su Nature, fa notare che il nuovo conteggio soffre di un “effetto invecchiamento” – difficile che negli ultimi trent’anni qualcuno abbia citato Hooke, per dire – e trascura le pubblicazioni mai citate.

Quantificare le pubblicazioni non citate è quasi impossibile. Da anni si dice che sono il 90% in scienze sociali e il 60% del totale. Una ricerca fatta da Vincent Larivière e Yves Gingras dell’università del Québec ed Éric Archambault di Science Metrix sui dati della Thomson Reuters  trovava un declino delle citazioni per gli articoli usciti tra il 1900 e il 2005. Ne sarebbero ignorati il 12% in medicina, l’82% nelle humanities; il 27% nelle scienze naturali e il 32% nelle scienze sociali.

Sono statistiche da prendere con le pinze, scriveva Dahlia Remler della London School of Economics City University of New York. Contraddicono quelle di Bornmann e Mutz, che però sono ottenute con un metodo e con dati diversi. La produzione aumenta di sicuro, ma la sua utilità/qualità?

Richard Van Noorden cita quello che il fisico Derek de Solla Price – il “padre” della bibliometria e non solo… – diceva nel lontano 1965:

Sono tentato di concludere che una grandissima frazione delle presunte 35 mila riviste attuali sia un rumore di fondo, ben lungi dall’essere centrale o strategico per i molti fili con i quali viene fatto il tessuto della scienza.

Oggi le riviste sono circa 10 volte tante (a naso), la bibliometria è diventata una disciplina accademica, ma fatica ancora a distinguere il segnale dal rumore di fondo anche se è sempre più usata per decidere carriere e finanziamenti. Con tatto, Van Raan mette il dito sulla piaga:

Sarebbe affascinante sviluppare un inquadramento in cui identificare i contributi “sostenibili” allo sviluppo scientifico, da usare come una sorta di metro per vedere come cresce il totale delle conoscenze scientifiche.

Se non lo sanno i ricercatori stessi, figurarsi noi cronisti (1) che da un lato dovremmo recensire e quindi eventualmente criticare le pubblicazioni più rilevanti e dall’altro fare inchieste sulle pratiche dubbie, sul “dark underbelly of science” di cui parlava Susan Watts.

Due attività impopolari che pochi ricercatori disposti a fare. Preferiscono divulgare, anche nel senso di chiedere al vulgum di ammirare “a prescindere”.

Aggiunta 9/5: a proposito di “contributo sostenibile”, nei Scientific Reports  il gruppo di Albert-László Barabási cerca di misurare se il trasferimento in un’istituzione di “élite” – Harvard, Bell Labs, Oxford, MIT ecc. – aveva migliorato il contributo di 2.725 fisici (un campione tratto da un totale di 237.038), che avevano iniziato a pubblicare tra il 1950 e il 1980. In base alle citazioni dei loro articoli, pare di no.

Fonte dell’illustrazione

(1) In certi casi, l’insostenibilità si vede dalla prima frase
Between 0% and 94% of university students acknowledge having committed academic fraud. 

Avrei anche dubbi sulla capacità del “sangue fresco” di ringiovanire gli organi e magari l’organismo, come si sente dire da millenni – rif. gli esperimenti su Nature Medicine e Science questa settimana, che migliorano l’olfatto e la memoria dei topi. Adesso si chiama parabiosi e il ringiovanimento sarebbe dovuto a un fattore di crescita che “risveglia le cellule staminali vecchie.”

Come succede in molti tumori

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El Niño or Bust: da Real Climate, Michelle L’Heureux riassume le ultime previsioni. Probabilità di un Niño: 80%. Poi ricorda che in questo periodo del 2012 erano del 75% e il Niño non si è materializzato.

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Steve Milloy, ispiratore di un’esilarante “sfida” del ten. col. Guidi e pagato per mentire sulle sigarette, l’agente Orange, l’atrazina (omissis) e l’effetto serra dei gas serra, è arrivato all’apice della carriera. Dall’anno scorso, dirige la strategia di una Big Coal, inoltre

He’s listed as an adjunct scholar at the Competitive Enterprise Institute, senior policy fellow at the Energy and Environmental Law Institute, ‘expert’ at the Heartland Institute, the publisher and editor emeritus of JunkScience.com and president of the consulting firm Steven J. Milloy, Inc. He previously served as an adjunct scholar at the Cato Institute, director of Science Policy Studies at the National Environmental Policy Institute and more

2 commenti

  1. Sorry I don’t speak Italian. I am not from LSE; they just reposted my blog post. I am from City University of New York. And I am not an expert in bibliometrics. I got interested in this because I wanted to a cite about the lack of citations as part of a higher education policy paper I was writing. From what I can tell of your post based on trying to read the Italian, I would be interested in it. Dahlia Remler.

    1. Dr.Remler,
      Thanks for the correction!
      I seldom write about bibliometrics – as a science reporter I’m much less of an expert than you are – and mostly to lament that they are misused or gamed.
      My point (not very interesting) is that your post suggests we should take those statistics with a large pinch of salt. The irony is that I’m an end-user of simple bibliometrics – IF, citation and h/index. My editors in chief even more so. They give us a general idea about rank, not about quality, originality, impact etc. so I find van Raan’s measure of “sustainable contribution” quite appealing.
      I’ve read your “Why do institutions of higher education…” and wondered if such a measure would change what they reward.

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