Farsi strada in paesaggi frattali

Ieri mentre festeggiavamo chi con latte caldo e miele e chi con champagne metaforico la vittoria di un blogger cortese contro un bullo imbroglione, sui PNAS usciva un articolo del trio Francesc Font-Clos, Stefano Zapperi e Caterina La Porta. Hanno creato un modello teorico – una specialità del Centro della Complessità e i Biosistemi, alla Statale di Milano – e l’hanno collaudato nel caso particolare dei tumori originati da cellule epiteliali.

Particolare per modo di dire visto che rappresentano l’80% dei tumori, e nel data-base GTEx che hanno usato, c’è una quantità sterminata di sequenze genetiche.
Così mostrano come evolve il fenotipo delle cellule epiteliali mentre diventano mesenchimali, e con quali livelli di mobilità e di adesività diventano “aggressive” e migrano per formare metastasi. Un’appendice a The Physics of Cancer, e qualcosa di più:

Our general methodological strategy is not restricted to E[pithelial]-M[esenchimal]-T[ransition] but could be readily applied to other gene regulatory networks relevant to understanding a variety of physiological functions and pathological conditions.The method appears to be a promising tool to build convenient and accessible maps to orient ourselves to the exploding amount of single-cell sequencing data.

La loro mappa deprimerà i ricercatori in oncologia clinica, secondo me. Ci sono molti più “stadi” ibridi tra epiteliali e mesenchimali, quindi molte più differenze tra le espressioni dei geni, di quanto pensavano. Font-Clos et al. citano una metafora di Waddington: il fenotipo cellulare “è come una biglia che rotola su un paesaggio epigenetico” di valli e colline, e la sua plasticità corrisponde al superamento di una collina tra due valli.
La biglia rotola in un paesaggio frattale, scrivono:

The map reconstructed from the model and con?rmed analyzing RNA-seq data shows a rugged landscape with scale-free fractal-like features that are reminiscent of disordered solids and glassy materials. 

Ogni cellula epiteliale, mesenchimale o in transizione tra l’una e l’altra, occupa un suo posto, ha un “profilo genetico” e quindi una probabilità di diventare “aggressiva” derivata dall’espressione di un’ottantina di geni (a occhio, sono elencati in fondo alla fig. 3), attivi a livelli diversi in tutti i tessuti del GTEx.

Gli autori propongono un modello “semplice” (sic) di reti dinamiche booleane. Con una certa soddisfazione per il risultato ottenuto, ma al condizionale. “Potrebbe” essere una bussola affidabile e uno strumento per fare previsioni. Resta da verificarlo per il 20% degli altri tumori, per esempio.

Nel com. stampa, Caterina La Porta aggiunge che adesso

lo scopo è di superare l’ostacolo dell’eterogeneità tumorale per sviluppare trattamenti personalizzati

come se quel modello non rendesse ancora più complicata la loro ricerca… Rif. anche Anna Romano su Scienza in Rete.

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A proposito di trattamenti personalizzati, oggi su Nature Giorgia Guglielmi fa una mini-rassegna degli esperimenti clinici con trapianti fecali o con specie di batteri che potrebbero migliorare la risposta dei pazienti ai trattamenti contro certi tumori. Se ne parla da vent’anni, ma è ancora troppo presto, dicono i critici:

But it’s unclear whether a single species can help people with cancer and, if so, what bacterium that is. The papers published in Science last year all associated different bacteria with the best outcomes, even for the same cancer and therapy.

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A proposito di una puntata precedente del lavoro di Font-Clos et al., in radio un mese fa  con Stefano Zapperi si parlava delle differenze genetiche tra popolazioni umane, e di come vengono interpretate dai fautori del “razzismo scientifico”. Oggi su Science, c’è un’intervista di Jedidiah Carlson, un dottorando in bioinformatica genetica che per caso s’è imbattuto in Stormfront

one of the internet’s oldest and most notorious hangouts for white nationalists, white supremacists, and neo-Nazis

non soltanto americani.

Stormfront and similar online forums, as well as the comment sections on “alt-right” news websites and Twitter accounts, regularly host what he’s dubbed “informal journal clubs,” dedicated to dissecting population genetics papers and sorting them into those that support a white nationalist ideology and those that don’t. For more than a year, [Carlson] has followed the evolution of this strange, racist trend.

Un’ambiente “tossico”, nel quale non vale la pena perder tempo, dice:

I don’t think engaging them directly will work. In an argument between a logical person and illogical person, the logical person is always going to lose because the illogical person isn’t playing by the same rules. The misappropriations and misinterpretations run so deep that you’ll just get shouted down and personally attacked, and you’re not going to change anyone’s mind.

Ma se uno di loro esce dal tombino…