Cari orecchietti di radiopop,
per prima cosa, con Elena Mordiglia chiediamo all’oco Filippo perché ci ha abbandonate e poi passiamo all’attualità della ricerca scientifica.
Sul finire della stagione 2017-2018 Michael Mann era venuto dall’università della Pennsylvania a parlare del clima, all’inizio della stagione 2018-2019 con Giacomo Grassi – del Joint Research Centre europeo a Ispra – si parla di…?
Indovinato.
D’altronde ammetterete che quest’anno le conseguenze dei cambiamenti in corso sono state pesanti: siccità, incendi, alluvioni, tempeste, tutte aggravate dall’energia in più trattenuta dai gas serra. L’anno prossimo non si annuncia granché: un Niño “robusto” si sta sviluppando nel Pacifico; dopo tre anni di stasi la concentrazione atmosferica di CO2 è tornata ad aumentare; Trump vuol convincere altri paesi a uscire dall’Accordo di Parigi; il governo cinese ha riavviato centinaia di centrali a carbone…
Però su Nature Climate Change, insieme a ventisei colleghi di Ispra e di una decina di istituti in mezzo mondo, Giacomo Grassi pubblica un articolo che fornisce qualche motivo di ottimismo se abbiamo capito bene – cosa dubbia.
Foto di Joshua Meyer per Wikimedia (gli uccelli che s’intravedono sono colombi)
Riguarda il ruolo delle foreste nell’assorbire in parte le emissioni di CO2 e quindi nel frenare il riscaldamento globale in attesa che qualcuno inventi un sistema per catturare gli atomi di carbonio dall’atmosfera, riciclarli o depositarli in buchi nei quali non possono far danni.
Ma di quanto riducono la CO2 che emettiamo? Perché è importante distinguere tra un “anthropogenic forest sink” e la foresta amazzonica che assorbe carbonio naturalmente? Il bosco verticale a Milano è un “anthropogenic forest sink”?
E personalmente, Giacomo Grassi pensa che saranno mantenuti gli impegni presi a Parigi di limitare a fine secolo l’aumento della temperatura globale a 1,5-2 °C rispetto a quella del primo Ottocento? O era tutta aria fritta? E per favore quando incrocia Giorgio Vacchiano – il famoso ecologo forestale di Ispra, ora ricercatore precario alla Statale di Milano – gli farebbe i complimenti anche da parte delle Oche?
Articolo di G. Grassi et al. su Nature Clim. Change e loro spiegazione da Carbon Brief.
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In coda un aggiornamento sulla prima cattura di un detrito spaziale e la rassegna stampa scientifica:
– su Nature Clim. Change, Massimo Tavoni del Poli di Milano et al. stimano il costo sociale delle emissioni di gas serra: circa 417 dollari per tonnellata, cioè 16 trilioni per le emissioni del 2017. Questo in media mondiale, ma il Canada e la Russia ci guadagnano 10 dollari/tonn. mentre per il solo l’aumento della temperatura l’India paga già $87/tonn.
Su Nature di oggi, un gruppone di 130 e passa biologi ha misurato le piante in 117 posti della tundra artica: negli ultimi trent’anni sono immigrate piante più alte di quelle autoctone (probabilmente perché è aumentata soprattutto la temperatura, notturna) – com. stampa segnalato da maresciallo Stefano.
In onda ogni giovedì dalle 11.30 alle 12 sui 107,6 FM o in streaming o in podcast dopo, per dirmi se ho sbagliato qualcosa: sms al n. 331.6214.013
In tema con quanto sottolineato in radio
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2018-09/gcfi-npo092618.php
saluti
Grazie maresciallo Stefano, l’ho aggiunto sopra.