Teleguidata dal cervello, la mano robot suona il piano

Soumiadypta Acharya, Vikam Aggarwal e Francesco Tenore (bravo, nato a Philadelphia, famiglia di Udine, laureato all’università di Trieste), della Johns Hopkins University, hanno registrato l’attività dei neuroni nella corteccia motoria di una scimmia mentre muoveva le dita e hanno usato questi segnali per fare muovere una mano robotica.

E’ una delle applicazioni delle “brain-computer interfaces” (BCI), l’idea è di far funzionare protesi comandandole con il pensiero del gesto da compiere.
Sul sito della Tecnology Review, si può vedere e sentire il risultato: Frère Jacques al pianoforte.

Le BCI sono fatte per aiutare le persone paralizzate, ma – non so bene perché – mi fanno un po’ impressione. Mi vien in mente un dottor Stranamore che telecomanda macchine distruttive, forse perché nel film Peter Sellers aveva una protesi al posto di una mano.

Invece i robot emotivi – fatti per manipolare le mie, di emozioni – mi sembrano come certe pubblicità palesemente ingannevoli: ingenui e divertenti. Sempre sulla Technology Review, viene presentato l’iCAT, una piattaforma sperimentale della Phillips a forma di gatto giallo con tratti espressivi. Mostra riluttanza, rabbia, piacere, confusione, paura ecc. rispetto al compito che deve eseguire, il che dovrebbe facilitarne le decisioni.

Carino no? Invece l’ingenua sono io. Un lettore commenta “Noi, della Compsim, abbiamo dimostrato l’uso della ‘frustrazione’ quale tecnica di ricerca dell’obiettivo per gli UAV (Unmanned Air Vehicles), per trovare la maniera più sicura di raggiungere l’obiettivo.”

Già, gli UAV, i droni ecc. sono sviluppati qualche volta per la ricerca, molto più spesso dall’esercito come aerei spia e bombardieri. E chissà cos’è capace di combinare un bombardiere frustrato…