Vitamina C, continua

Fa bene, non fa bene, non fa niente?

Due anni fa, una rassegna degli esperimenti compiuti dagli anni ’70 concludeva che la vitamina C giovava tutt’al più ai bambini. E ai fumatori che la assorbono come spugne.

Dai tempi in cui Nelson faceva distribuire succo di limone ai marinai così non si prendevano lo scorbuto, si son fatti progressi. S’è capito che negli agrumi c’erano antiossidanti e – anche per via delle lotte di Linus Pauling – si continua a credere che quello davvero efficace sia la vitamina C.

Nei drugstore americani, se ne vendono pastiglie a bidoni di un gallone – il contenitore è adatto visto che è derivata dal petrolio, come la benzina – e ce gente che ne consuma a dosi massicce.

A gruppi di volontari, Serena Guarnieri dell’università di Milano ha fatto bere spremuta di arance rosse, vitamina pura diluita in acqua e acqua pura. Nel sangue del primo e del secondo gruppo c’era la vitamina C. Ma quando ci ha aggiunto acqua ossigenata, gli unici globuli che non si ossidavano e il cui Dna non subiva danni quindi, erano quelli dei volontari che avevano bevuto la spremuta. Perché nel succo la vitamina C è associata ad altre sostanze, ovvio.

Leggo tutto questo su www.nature.com e quanto alle sostanze scommetto sui carotenoidi, visto che Serena Barbieri ha usato i tarocchi – o sanguinelle (mi sapete dire se c’è una differenza?). Quelle del bar dove vado a fare la prima colazione.

E proprio oggi non ci sono. “Passata la stagione,” dice il barista che per compensare mi riempie il bicchiere fino all’orlo.