Su Nature di questa settimana, Kartsten Pohl e il suo gruppo all’università dello New Hampshire scrivono d’aver creato proprio il plasmone acustico di superficie la cui esistenza era stata messa in dubbio un anno fa. Invocato dalla teoria – forse potrebbe spiegare gli elettroni che s’accoppiano in paia di Cooper nella superconduttività a temperatura elevata (cioè non ultrafredda) – non s’era mai visto.
Adesso s’è visto, anche se per pochi nanometri e femtosecondi: con un apposito cannone, Pohl e gli altri hanno sparato elettroni lenti su una superficie di berillio e ognuno ha fatto come un buco nell’acqua: ha prodotto un’onda di plasmoni che s’è propagata in tutte le direzioni.
Per di più la perdita d’energia degli elettroni lenti fatti rimbalzare da quelli sulla superficie di berillio quadra con quella prevista dalla teoria. Sembra una pignoleria, forse non porterà a risolvere il mistero delle coppie di Cooper, ma la storia somiglia a quella del laser e fa pensare che a qualcosa i plasmoni fatti a comando serviranno un giorno o l’altro.