False impressioni

Su Science di oggi (notizia ripresa da Repubblica e altri quotidiani) un gruppo dello University College di Londra diretto da Henrik Ehrsson al Karolinska Institute di Stoccolma, e l’altro del Politecnico di Losanna , diretto da Olaf Blanke dell’ospedale universitario di Ginevra, pubblicano i risultati di due esperimenti diversi e collegati.

Hanno indotto dei volontari ad avere esperienze “extra-corporee”. Non esattamente le proiezioni astrali di cui maghi e mistici sarebbero capaci, ma quasi. In entrambi i casi, i soggetti avevano occhialoni da realtà virtuale. Nell’esperimento di Ehrsson si vedevano da dietro, come se fossero seduti alle spalle di se stessi. Quando lo sperimentatore toccava loro il petto e insieme quello del loro sé virtuale, dicevano di sentirsi dentro quest’ultimo. Tanto per essere certo che non fingevano, lo sperimentatore afferrava un martello e lo abbatteva sul sé virtuale: tutti i soggetti sudavano freddo.

Nell’esperimento di Blanke, in realtà virtuale i soggetti vedevano di spalle un loro avatar o un manichino o un cubo arrotondato, e guardavano l’immagine mentre questa e loro stessi venivano accarezzati con un pennello. Poi a luci spente e senza occhiali, dovevano indietreggiare di pochi passi. A luce accesa, dovevano ritornare dov’erano prima. Se avevano guardato un avatar – e se le carezze che questo riceveva erano sincronizzate con quelle che ricevevano loro – andavano nel punto della stanza dove avevano visto l’avatar.

Blanke e Ehrsson son famosi per le precedenti ricerche su stati alterati di coscienza – impressione di essere toccati mentre a esserlo è una mano di gomma (Ehrsson), impressione di sprofondare o di fluttuare in aria in pazienti epilettici dei quali si stimola con elettrodi il gyrus angolare dell’emisfero destro (Blanke).

Adesso quel gyrus viene sospettato di essere “l’organo della coscienza”, un po’ come la ghiandola pineale un tempo. Ma gli esperimenti su Science mostrano solo che vista e tatto sono circuiti cerebrali che si possono disconnettere, come già si sapeva. Quindi fino a prove decisive vale la presunzione d’innocenza.