Solidarietà tra emigrati commensali

Sfogliando numeri arretrati di Current Biology, Aydin Örstan di Snail’s Tales ha ritrovato – e mette on line per i non abbonati – un’articolo  sulla diffusione della Drosophila melanogaster negli USA. Örstan è un simpatizzante. Dopo aver notato che il moscerino è anch’esso uscito dall’Africa e che, sempre come noi e il topolino Mus musculus, prova un profondo attaccamento per gli esseri umani, ne salva uno finito nel lavandino, lo mette ad asciugare su una foglia e lo immortala.

Commovente.

Stesso tema, altra scala
Ieri a Firenze c’era Mauro del nostro Fan Club, nonché uno dei curatori di Pikaia, il portale dell’evoluzione. Rientro, ci faccio in giro e trovo “Out of America: il ritorno dei mammuth” di Andrea Romano.  Usciti dall’Africa pure loro, stando a un articolo sorprendente – e recente – di Current Biology, si sono prima sistemati in Eurasia settentrionale, poi 1,8 milioni di anni fa alcuni sono emigrati nel Nord America e ne sarebbero tornati 1,5 milioni di anni dopo, soppiantando gli autoctoni. Il finale resta immutato: li estinguono cacciatori umani tra i 10 e i 5 mila anni fa.

Dopo la Caduta
Altra lettura consigliata su Pikaia: una visita guidata dal cladologista Giorgio Tarditi Spagnoli al Creation Museum di Petersburg, Kentucky, di cui vi avevo segnalato l’apertura molti post fa. C’è pure un film in cui “Adamo ed Eva, conosciuto il succoso gusto dell’ossicocco*” cadono dall’Eden insieme a certi animali vegetariani che da quel momento diventano carnivori.
*Esegesi (solo per non cladistologi): ossicocco sta per mirtillo minore o “cranberry”, e sarebbe una libera interpretazione di “apple”.

Contraerea
Su PLoS One esce una ricerca teorico-osservativa di Gerald Kastberger, Evelyn Schmelze e Ilse Kranner, su una delle difese collettive usate dalle api contro i predatori.  Hanno filmato 450 episodi – ne allegano solo 4, peccato – sul campus dell’università Tribhuvan di Katmandu. Le protagoniste sono colonie di giganti asiatiche – Apis dorsata -che fanno il nido all’aperto. Quando s’avvicina un calabrone muovono l’addome varie volte al secondo (“shimmering”) per formare un’ola (“Mexican wave-like patterns”) che confonde il volo del nemico e lo blocca a 50 cm di distanza dal nido.

L’ola, tra l’altro, viene modulata da mini a mega in base alla velocità del volo.
Riassunto con un solo video su Science News e sono riuscita a non scrivere “il volo del calabrone”!
O forse no…