Correlazioni tra hotspots

Russell Mittermeier, il presidente di Conservation International, pubblica su Conservation Biology – meno le note, le cifre e i grafici anche sul sito della  sua organizzazione – un confronto tra le zone dove ci sono state guerre tra il 1950 e il 2000 e quelle di massima biodiversità.

Caschi verdi? 
Come si vede dalla mappa  qui, le zone coincidono all’80%. Mittermeier ne conclude che nelle seconde, l’Internazionale delle Ong conservazioniste deve sforzarsi di aiutare le popolazioni locali a sopravvivere durante le guerre e a ricostruirsi un’economia dopo oltre a preservare la natura. Vista la ferocia di certa natura umana, è un compito per ambientalisti, ecologisti, botanici, zoologi ecc.?

Relazione inversa
Il 20% di non coincidenza suggerisce una correlazione tra scarsità di abitanti e quindi di conflitti. Fino al 2000. Adesso i conflitti ci sono e c’entrano gli sforzi  dell’Internazionale. Due esempi.

Eco-imperialismo I
Prima di andarsene, George W. Bush aveva decretato la più grande riserva marina del mondo: un bel po’ di Pacifico, isole comprese, e “monumento nazionale” la fossa delle Marianne in parte fuori dalle acque territoriali statunitensi. Pensava che ci fossero solo marines in transito? Da quando s’è cominciato a parlarne, alcuni protestano per difendere fonti di lucro. E gli isolani perché avevano piani, aspirazioni, magari voglia di essere consultati? Di loro non c’è traccia,  ma penso di sì. Secondo esempio.

Eco-imperialismo II
Il Biot o British Indian Ocean Territory include le Chagos che nel 1960 il governo britannico aveva svuotato dei suoi abitanti perché non intralciassero le attività militari della base americana di Diego Garcia, l’isola più grande. Un giorno però, promesso, detto governo avrebbe consegnato il Biot alle Mauritius. O no? Intanto che l’arcipelago è ancora possedimento britannico, il (lo?) Chagos Conservation Trust intende trasformarlo in riserva. Sponsor il Pew Charitable Trust di Philadelphia, già sponsor della riserva decisa da Bush.

Charitable per chi?
Senza umani da mezzo secolo, l’arcipelago delle Chagos è un hotspot da Eden: atolli corallini, palme verdi, spiagge bianche, vita marina intensa e unica, “l’acqua più pulita del pianeta”. Per preservare quello splendore, niente navi né pesca né attività redditizie dicono i due Trust. Niente diritto al ritorno, dicono i Lords.

Solo che gli abitanti, deportati alle Mauritius, alle Seychelles e altrove, si trasmettono da generazioni il sogno di tornarci, costruirci porti, aeroporti, alberghi… Bref, di ridurlo in poco tempo a Maldive bis. Perché gli altri sì e loro no?