Pommes scientificamente frites

Su D di sabato, a proposito delle premiate con il L’Oréal-Unesco alla carriera, scrivevo di Athene Donald: “guai a chi me la tocca, uso la sua ricerca sulle proprietà polimeriche delle catene laterali chirali dell’amido per friggere le patate, vengono perfette.”

Arrivano mail “interessati” ma sotto sotto scettici, addirittura mandati al giornale a mettere in dubbio la mia reputazione di cuoca, oltre che di cronista. Preciso quindi che mi riferivo alla serie di ricerche sugli amidi della patata. In particolare sull’amilopectina che forma lunghe catene laterali chirali le quali, durante la cottura e insieme alla pectina, proteggono le cellule dallo scoppio, il quale porterebbe ineluttabilmente a “sfarinatura” interna e conseguente rammollimento della frite.

Ricetta post-Athene M. Donald:

  • prendere patate ben mature, cioè con tanta amilopectina e poca acqua, e non transgeniche;
  • cuocere le frites 4-5 minuti in olio a 160-170 gradi, di arachidi, a quella temperatura non fa la schiuma, rimane chiaro e si può riusare anche dieci volte;
  • lasciare sgocciolare e al momento di servire, ripassare in olio due-tre minuti a 170 gradi per la doratura finale.

Vengono croccanti, si fa prima e si risparmia. Altro che bufala.

p.s. I tempi sono per la Bintje che qui non si trova altro. Contare un minuto di prima cottura in più per l’Agria e la Manon. O seguire questi pro-Charlotte ma non le fazioni pro-mayo e pro-ketchup. Quelle horreur…