Appello pro-CIA

Rispondendo a Filter e alphakappa, frignavo come tanti sulla creduloneria di noi giornalisti che diamo per buoni dati “scientifici” senza verificarli. Nel frattempo, ho trovato un esempio per i colleghi, se sono interessati a difendere la reputazione propria e della testata per la quale lavorano.

Dal 15 febbraio, il Washington Post ha pubblicato tre editoriali di George Will, un famoso e costoso free-lance, che distorcono le ricerche sul clima. Il 1. marzo l’ombudsman del quotidiano l’ha gentilmente rimproverato, ma Will non ne ha tenuto conto. Ieri tre giornalisti hanno scritto una critica e un articolo – di smentita, in sostanza – ristabilendo i fatti a proposito dei ghiacci artici.

Carl Zimmer aggiunge dopo un suo errata corrige:

Le correzioni sono una procedura standard dei quotidiani, un controllo dei fatti post facto per così dire. Alcuni dei miei articoli scientifici sono bollati con “correzione allegata”, niente di cui vergognarsi se le correzioni riguardano delle sviste. Sbagliamo tutti e dovremmo imparare a sopportarlo. Ma siamo davvero arrivati al punto in cui i blog – brivido – sono più coscienziosi nel far correzioni delle pagine degli editoriali sul Washington Post?

Qui la procedura non è affatto standard e non so se basterà lo scandalo per il terremoto annunciato a farla adottare. Lo spero, ma nel frattempo non è che un gruppo di blogger più capaci e autorevoli dell’oca creerebbe un Centro italiano anti-bufala?