I sogni di Pedro

L’unica mappa mondiale dei suoli coltivati, coltivabili e incoltivabili è quella del 1981 a scala 1:5.000.000, talmente infedele da esser aggiustata, riaggiustata e ridotta all’1:2.500.000 nel 2002…

A completarla, ci sarebbe la mappa del degrado antropogenico dei suoli, del 1990, la quale estrapola molte stime da poche misure e ha margini d’incertezza tali da essere inutilizzabile. Eppure sono quelle usate  da enti internazionali – FMI, WTO, Banca Mondiale, agenzie dell’Onu ecc. – e ricercatori, amministratori, economisti, agronomi pubblici e privati per gestire risorse alimentari, idriche, uso del territorio ecc. Ogni anno migliaia di piani sono fatti a naso, senza un’idea della composizione, della dinamica, delle proprietà ecc. dei suoli.

Non nei 20-30 paesi ricchi che dagli anni ’70 aggiornano e affinano le proprie mappe digitali, ça va sans dire.

Dagli anni ’70 Pedro Sanchez trova la situazione troppo ingiusta e sogna una Global Soil Map, gratis per i poveri e, se proprio proprio sembra troppo una roba da comunista cubano, a pagamento per le aziende. Così potrebbe autofinanziarsi, una volta realizzata la versione di base. Più che di soldi – per l’Africa sono già arrivati dalla fondazione Bill e Melinda Gates – ha bisogno di dati raccolti sul campo (no pun intended) e soprattutto di essere conosciuta e difesa.

Sarà una Global Soil Map con dentro tutte le conoscenze meteo-geo-bio-chimico-agro- ecc. Controllate sui dati raccolti in appezzamenti campione, a scadenza regolare, da incrociare e integrare con quelli rilevati via satellite. Aggregate con le altre mappe globali già esistenti e in via di elaborazione. Ridistribuite su mappe locali a scala 1:90.000 e addirittura 1:30.000, per chi ha solo un piccolo campo di 30 metri per 30.

Ci vorranno cinque, dieci anni per compilarla, il tempo di formare specialisti dei suoli che sappiano usarla e insegnare ad altri come usarla. Ma scavalcherà i confini, molti stati-nazione ne diffidano, di più quelli con governanti corrotti e generali  bellicosi.

Per le Ong sarebbe fantastica. Consentirebbe per esempio di selezionare le best practices da adottare in funzione del luogo e delle sue circostanze, di valutare l’efficacia degli interventi, il loro impatto a valle sull’ecosistema ecc… Di monitorare, e prevedere le conseguenze di, alluvioni, incendi, frane, maremoti, terremoti ecc… Uffa, quanti elenchi e quanti ecc… Servirebbe alla sicurezza non solo alimentare.

Se collaborate con un’Ong o avete amici che ci collaborano, fate passare? Pedro e i suoi co-sognatori ne scrivevano l’altra settimana su Science e nella rassegna stampa, vedrete che in Italia non ne parla nessuno. Ci ho provato. Frustrata, oggi mi sfogo con un post lungo e noioso.

Se dopo la brochure della Global Map vi resta tempo, per capire quanto l’iniziativa sia intelligente e adattativa per la specie potreste leggere Il pranzo della festa di Martin Jones. E’ sull’evoluzione del nostro cibo e della sua condivisione dai tempi dell’Homo heildelbergensis a oggi. Si fonda su ricerche recenti in bio-archeologia ma merita un posto fra i classici dell’antropologia tipo Il cotto e il crudo di Claude Lévi-Strauss o Buono da mangiare di Marvin Harris.