Nemmeno gli amici di Nature a Monaco di Baviera sanno rispondere alle mie domande a proposito dei cento professori tedeschi sotto inchiesta. Ricorderete – o forse no, qui non ricordo articoli scandalizzati – che avrebbero ricevuto da 2.000 a 5.000 euro per fare da supervisori di tesi e garantirne il successo, attraverso l'”Istituto per consulenze accademiche” che da vent’anni faceva da intermediaria tra prof e studenti, i quali pagavano fino a 20 mila euro.
- Come sono state calcolate le diverse tariffe?
- Sono più convenienti di quelle italiane?
- C’è un un supplemento per l’università classificata 45ma al mondo?
- Quali erano le materie più gettonate?
- Varie ed eventuali.
Zitte la procura e le università indagate, a differenza del dottore in filosofia-direttore della ditta e del suo socio dottore-prof. di diritto all’univ. di Hannover, loquaci da quando sono in galera.
Chiusa la ditta, chi ha bisogno può rivolgersi a quelle segnalate in fondo all’articolo dello Spiegel. O al fornitore più quotato nell’ateneo che frequenta. In Italia il costo medio era di 10 mila euro, ma con la crisi ci sono sconti, dicono le mie fonti e – come Appuntisparsi – dicono pure che i professori tangentati finiti sotto inchiesta non ci hanno rimesso neanche uno scatto di anzianità.
Optional
Dal dicembre 1999, in USA una legge prevede la registrazione dei trial clinici, e quelli della PLoS hanno fondato un hub apposta per le pubblicazioni dei loro risultati, anche negativi. Secondo la legge, pubblicarli è facoltativo. E poco popolare. Joseph Ross et al. hanno analizzato il 10%, scelto a caso, dei 7.515 trial conclusi, e trovato che a registrare i risultati c’era il 56% di quelli finanziati dal governo e il 40% di quelli sponsorizzati da aziende. La legge doveva rendere la medicina evidence-based. Fino al 2000
i risultati di un trial in cui un nuovo farmaco non era stato più efficace di uno esistente o aveva effetti collaterali indesiderati, restavano inediti o diventavano di dominio pubblico molti anni dopo che tale farmaco era stato approvato dalla FDA o da altri enti governativi.
Evidence-based a metà = non evidence-based. Stessa conclusione nell’analisi di Philippe Ravault et al. uscita sul JAMA, di cui parla Elie Dolgin. E in più, i ricercatori soffrono di “amnesia delle citazioni” come definita da The Scientist.
Depressi?
I farmaci contro la depressione sono quelli i cui risultati negativi sono meno pubblicati, ma ho una mezza buona notizia. Da luglio 2010 i Proceedings of the National Academy of Sciences elimineranno in parte il nepotismo.
Oggi un accademico può “comunicare” ogni anno due papers di suoi protetti, scegliendone i due peer-reviewers, uno dei quali può essere il membro in persona. Da luglio, la scorciatoia sarà solo “pre-sistemata”, nel senso che il protettore potrà scegliere il redattore al quale trasmettere i papers e suggerirgli i nomi di peer-reviewers.
Chissà le risse tra l’Accademia e la redazione per arrivare al compromesso e a quella data. Dal 1995 Nicola Cozzarelli, diventato direttore dei Proceedings, aveva un po’ limitato gli abusi e “members threw tantrums” (fonte: Noam Chomsky, Bologna, aprile 2005).
Ansiosi?
Sui PNAS il gruppo di Norman Pace pubblica “Patogeni opportunistici abbondano nella biopellicola della doccia“. Ceppi di Mycobacterium avium, soprattutto, annidiati nella testa – della doccia – e assorbiti dall’igienista nell’acqua che scende sulla sua – di testa – gli farebbero venire infezioni polmonari.
Suggerimento ochesco: lavare meno se stessi e più spesso la doccetta in acqua bollente, poi lasciarla a bagno nell’aceto così oltre al biofilm va via anche il calcare. Com. stampa per non ab ai PNAS.