Not in my name


Fonte.

Domani chiude la “consultazione pubblica” del governo britannico per sapere se trasformare l’arcipelago delle Chagos nella più grande riserva marina del mondo come chiede il Chagos Conservation Trust dal 1992. Girano petizioni, per email me ne arrivano da amici, alcune che chiedono firme da tutto il mondo. Devono firmare?

Se vogliono. Sarebbe una riserva indispensabile, magnifica, un sogno che si realizza proprio nell’anno mondiale della biodiversità. Ma…

Tra il 1967 e il 1973, i 1.500 abitanti sono stati deportati a forza, senza mezzi di sussistenza, nelle Mauritius e l’arcipelago è stato affittato agli Stati Uniti che hanno costruito una base di bombardieri strategici nucleari a Diego Garcia, l’isola maggiore. Dopo proteste trentennali dei deportati, nel 2000  il ministro Cook ha promesso che presto avrebbero potuto tornare a casa, agli americani la base non serviva più. Ma…

Dopo l’11 settembre è tornata a servire per  le “extraordinary renditions” e nel 2004 il governo britannico s’è rimangiato la promessa. I deportati, con i figli in 4.000 ormai e alcuni residenti in Inghilterra, hanno fatto appello e l’hanno vinto. Nel 2008 la Camera dei Lords o meglio i tre “Law Lords”, uno contrario, hanno invalidato la sentenza d’appello, i deportati hanno fatto ricorso alla Corte europea di  Strasburgo che si pronuncerà entro l’estate.

Prima, in Gran Bretagna ci saranno le elezioni, sembra che certi “ambientalisti” chiedano la riserva in cambio del voto. Fatti loro. I fatti miei: sono del cons. naz. del WWF, quella riserva la sogno come tutti, non così, mai così. Il Chagos Conservation Trust poteva progettarla insieme ai deportati e invece ha scelto l’ingiustizia.

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