Competenti e non


Rimini, South Georgia

Puntate precedenti: dopo il furto di mail alla CRU, la ricercatrice del politecnico della Georgia Judith Curry si schiera con i pensionati per i quali il riscaldamento globale è una truffa e una come lei che studia le teleconnessioni, nota 1, fa “scienza vudu”, nota 2.

Da allora accusa gli scienziati che hanno partecipato al rapporto IPCC di corruzione e allarmismo. Eppure i PNAS anticipano on-line un suo paper con Jiping Liu (h/t Sylvestre Huet), in cui scrive che i modelli hanno sopravalutato la variabilità naturale interna per quanto riguarda l’estensione della banchisa antartica, in lieve crescita dal 1970 al 2000. Altro che rassicurare noi e i pinguini reali dicendo, per esempio

non ci sono tendenze medie statisticamente significative, coerentemente con l’assenza di riscaldamento riflessa nelle media regionale delle temperature atmosferiche (nota 3).

Billevesées, da cinquant’anni si osserva un’impennata della temperatura oceanica di superficie e c’è poco da ridere:

Con l’accumulo crescente di gas serra in atmosfera durante il XX secolo, i modelli mostrano un riscaldamento accelerato dell’Oceano meridionale, e indicano che la forzante antropogenica supera la variabilità naturale interna. Il riscaldamento crescente da sotto (oceano) e da sopra (atmosfera) e l’aumento di precipitazioni liquide associata con un potenziamento del ciclo idrologico risulta nella proiezione di un declino della banchisa antartica.

Per ora accelera il riscaldamento, ma poi accelera il tasso di declino della banchisa in tutti e tre gli scenari di “emissioni antropogeniche”.  Allarmismo a chi?

Note: 1. Lynch, Curry et al. BAMS, febbraio 2004;  2. McIntyre, Climate audit, 21.01.09; 3. AR4-IPCC, Summary for policy pmakers, p. 9.

Aggiornamento: ça va sans dire, Judith Curry si fa insultare dai seguaci di Anthony Watts. Il suo “ponte” verso i neghisti ha perso un pezzo e per aggiustarlo, vanta i meriti degli autori di cui al prossimo paragrafo. Oh my…

Altra rottura definitiva della mazza da hockey
Sui prossimi Annals of Applied Statistics,  Blakeley McShane della scuola di marketing della NorthWestern University e Andrew Wyner, docente di management all’università della Pennsylvania, inneggiano alla competenza dei pensionati dilettanti i quali inneggiano di ritorno.

I due prendono le proxy – i dati “vicari” da sedimenti, rocce, carote di ghiaccio ecc. dai quali dedurre le temperature – dell’ultima mazza da hockey di Mann et al. 2008 e le analizzano con metodi statistici migliori, a loro avviso, per valutarne la capacità di ricostruire le temperature del millennio.

Fidarsi? Avvertenza: non dell’oca dilettante per mestiere e ne parleranno di sicuro i competenti, semmai saltare all’ultima riga del post. Detto questo, ecco i motivi di scetticismo.

Non hanno né il talento né la concisione di un Rosario Mantegna o di un Philip Bourne, però sono volonterosi. Prova e riprova, arrivano a un modello bayesiano la cui media corrisponde grosso modo alla mazza 2008, ma ha un margine d’errore colossale ed è incapace di prevedere le temperature degli ultimi trent’anni nemmeno partendo da quelle misurate tra il 1850 e il 1970.

Incoraggiati dal risultato, ne deducono che i dati paleoclimatici sono inaffidabili, in particolare perché le serie temporali sono auto-correlate alle temperature. Se non lo fossero, come potrebbero rappresentare le variazioni del clima? Non vien detto. Gran finale:

Da un lato, concludiamo inequivocabilmente che l’evidenza per una mazza da hockey “a manico lungo” è carente di dati… Il problema fondamentale è che c’è una quantità limitata di dati proxy che risalgono al 1000 a.C.

Tradotto: a Genova c’è il mare e non sappiamo nuotare.

I dati disponibili sono debolmente predittivi della temperatura annua globale.

Tradotto: idem, sono dell’emisfero nord e una temperatura annua globale o meno non è predittiva di alcunché.

Il nostro principale contributo sono gli sforzi per affrontare seriamente l’incertezza insita nelle ricostruzioni paleoclimatologiche.

Questo in coda a un modello che accresce l’incertezza.

Gli scienziati del clima hanno molto sottostimato l’incertezza delle ricostruzioni basate sui dati “proxy” e quindi hanno avuto una fiducia eccessiva nei propri modelli. La variabilità climatica naturale non è ben capita ed è probabilmente molto grande. Non è chiaro se le proxy usate attualmente per prevedere le temperature siano predittive sulla scala di alcuni decenni per non parlare di molti secoli.

A Genova c’è il mare bis sulla variabilità, solo che da 50 anni i modelli sono sempre più predittivi. Sono anche evolutivi, non lineari – usare un generatore di pseudoproxy lineari è un controsenso – e basati sulla fisica, infatti:

le ricostruzioni paleoclimatologiche costituiscono soltanto una fonte di evidenza nel dibattito sul riscaldamento antropogenico globale.

Così il principale contributo era al “dibattito”? Se lo dicevano prima…

Nel frattempo
Christopher Monckton ha messo su You Tube sei puntate di vaneggiamenti con saracinesca rosa e plurale maiestatis.