Riservato a soci e socie del Drosophila melanogaster’s Genetics & Neuroscience fan club, detto anche D. melano-funebris F.C.
Pregresso
Chiara Cirelli e Giulio Tononi dell’università del Wisconsin avevano scoperto che durante il sonno il cervello della moscerina pota i collegamenti sinaptici tra i suoi neuroni – uno dei progressi della conoscenza che ha generato il nostro club – e identificato le proteine, i marcatori, il cui livello era basso al risveglio e alto al momento di andare a dormire. L’ipotesi è che il sonno spenga le percezioni del mondo esterno e lasci il cervello libero di eliminare il surplus sinaptico accumulato durante la veglia per far posto alle esperienze e all’apprendimento del giorno dopo.
L’anno scorso su Science, Paul Shaw dell’università del Washington diceva che, più esattamente, le connessioni sinaptiche diventavano meno robuste in generale, ma poche venivano eliminate del tutto. L’indebolimento era più evidente nelle moscerine che vivevano in “un ambiente ricco di sollecitazioni”, per esempio con molte compagne. Infatti dormivano molto di più, come accade agli umani. Però quelle private di tre geni legati all’apprendimento e alla memoria dormivano meno e, come quelle tenute in isolamento, di giorno mostravano parecchie difficoltà intellettuali.
La cosa strana era che le moscerine geneticamente integre e tenute a digiuno che Shaw svegliava parecchie volte per privarle di sonno, non risentivano intellettualmente della tortura. Come mai, se la funzione del sonno è quella ipotizzata da Chiara C. e Giulio T.?
Su Plos Biology, Matthew Thimgan e altri tra cui Paul Shaw pubblicano “The Perilipin Homologue, Lipid Storage Droplet 2, Regulates Sleep Homeostasis and Prevents Learning Impairments Following Sleep Loss”, candidato al premio peggior titolo dell’anno. Anche l’abstract è scritto con i piedi, estraggo la sostanza:
Periodi protratti di veglia causano danni fisiologici in umani, ratti e mosche. Si ritiene che l’omeostasi – l’aumento del periodo di sonno per compensare quelli perduti – ne contrasti gli effetti negativi e ripristini processi biologici vitali. Di recente si è visto che due mutazioni genetiche, brummer (bmm) e Lipid storage droplet 2 (Lsd2), modulano la risposta alla denutrizione. I mutanti bmm, che hanno eccedenze di grasso, non risentono del digiuno al contrario dei mutanti Lsd2 che sono magri. Le nostre drosofile bmm hanno recuperato dormendo a lungo, come da aspettative. Eppure quelle Lsd2 dormendo poco, non hanno avuto alcun problema d’apprendimento nemmeno quand’erano tenute a digiuno. A quanto sappiamo, è la prima evidenza genetica che il metabolismo dei grassi è importante nel regolare la risposta omeostatica e può proteggere dai danni neuronali dovuti alla veglia prolungata.
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