Barcamp, impressioni

L’anno scorso, alcuni studenti della LUISS  di Roma lanciano un concorso  “Dieci idee per il paese” che ne ha bisogno e per promuovere la meritocrazia dal basso dopo aver notato quant’era ostacolata dall’alto. Aderiscono 40 università, autorità e aziende varie, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni (grazie NM) Letta. Gli studenti della LUISS raccolgono circa 160 progetti di ricerca sotto otto voci, dalla politica al credito, dall’energia alla sanità.

Assistita da Alessandro il cronometrista, “moderavo” i 28 autori di altrettante proposte arrivate per la sanità, che avevano 4 min 30 sec. cadauno per presentarle. Adesso un comitato scientifico sceglierà le migliori che passeranno da Bruxelles e da altre selezioni. A Milano in marzo saranno presentate quelle che avranno ottenuto finanziamenti pubblici o privati.

Il video che inaugurava la giornata è stata la cosa più innovativa, soprattutto per le autorità non tutte autorevoli davanti alle quali veniva proiettato. Sono rimasta sorpresa dall’età veneranda dei concorrenti: nella mia sessione c’era un solo under-30, più un neo-laureato cui la prof. ha lasciato la parola anche se s’era iscritta lei. Niente di rivoluzionario, ma dettagli interessanti per migliorare sistemi diagnostici, riabilitazioni a distanza, protesi robotiche o consegna di farmaci direttamente nelle cellule malate.

E’ la prima prova su scala nazionale di concorsi abituali negli Stati Uniti, anche se in ambiti molto più definiti, e i giovani organizzatori prendevano nota di quello che non andava. Li ho trovati molto competenti nel gestire la logistica e l’alternanza degli interventi di candidati ed “eccellenze” varie.

Eppure mentre i concorrenti mettevano le presentazioni sul computer, il rettore della Sapienza Luigi Frati ha aggredito uno di loro, Marco, per un ritardo di cui non aveva colpa. “Se io fossi un imprenditore e tu ti presentassi con mezz’ora di ritardo, ti direi spiacente ma non ho tempo da sprecare per te” ecc… Marco ha risposto con una battuta gentile “chiedo scusa, ai tempi della ricerca non si comanda”. Il rettore, da lei non sa chi sono io, ha proseguito con la sceneggiata. Avrebbe forse creato un sollevamento fra i seduti ad aspettare, se non avessero saputo chi è e, fino a pochi minuti prima, non l’avessero visto ascoltare con espressione rapita il sottoseg. Letta che parlava per 50 minuti invece dei 15 a disposizione. (Nel suo intervento, il prof. Frati si è pure vantato del proprio h-index: 42… Meno male che Alberto Mantovani non c’era, o facevo una gaffe in più.)

Non mi occupo né di medicina né di trasferimento tecnologico, così ho imparato un sacco di cose. Per es. che durante un intervento chirurgico la termocoagulazione può riempire la sala operatoria di fumi scuri e tossici. Fra le tante idee sentite, me ne resta in mente una semplice e sofisticata che se funziona non salverà il paese, ma sarà utile dappertutto. Consiste nell’aggiungere sull’etichetta di un farmaco una riga di un’apposita vernice magnetizzata, la cui composizione si modifica con il cambio di temperatura. Un lettore, simile a quello usato per i codici a barre dotato di un programma informatico ad hoc, passato sulla riga mostra sull’impugnatura se e per quanto tempo è saltata la catena del freddo e se il vaccino o l’antibiotico è ancora utilizzabile.