(Dis)informazione globale

L’anno scorso, il governo cinese autorizzava la coltivazione sperimentale di due varietà di riso e una di granoturco geneticamente modificate. Da allora ci sono proteste, la gente teme che facciano male alla salute.

A ottobre il direttore del bi-settimanale divulgativo dell’Accademia nazionale delle scienze ha organizzato un “dialogo” con il pubblico, scrive Li Jiao di Scidev, ed è rimasto sorpreso dalla diffidenza dell’opinione pubblica. Sarebbe stata allarmata da una trasmissione televisiva americana che parlava di un bambino morto dopo aver mangiato granoturco transgenico. Notizia falsa e chissà in traduzione come si è diffusa, ma è interessante che sia più credibile della propaganda governativa.

Anche Yuan Longping – il “Maestro del riso” per via del suo famoso ibrido con uno selvatico – è contrario a quello geneticamente modificato. A una conferenza a Pechino gli avevo chiesto a gesti un autografo sulla traduzione del suo intervento, e dopo mi aveva tenuto il posto accanto a sé per cena. Per evitare altri commensali, credo. Non so il cinese, così ci siamo scambiati disegnini sui tovaglioli di carta e qualche cifra. Una versione del suo ibrido cresce alto tre metri e produce pannocchie a cascata, sembra un fuoco d’artificio, ma è coltivato dal 1992 o ci lavora dal 1992?
.

Mentre si vota la Gelmini
I cinesi pubblicano più articoli scientifici degli americani e dai risultati dei test PISA 2009 la tendenza è che continueranno a farlo. Il Congresso americano pare averlo notato: ieri ha approvato Competes, una legge basata sulle ultime raccomandazioni dell’Accademia delle scienze, che per tre anni aumenta i finanziamenti destinati all’educazione scientifica e avvia al raddoppio quelli  della National Science Foundation e altri enti.

Eppure mentre pagano sempre più cara l’educazione universitaria, dottorandi e post-docs hanno sempre meno prospettive, scrivono Claudia Dreifus e Andrew Hacker in Higher Education?. Cala la percentuale dei quelli che ottengono borse e fondi di ricerca, aumenta l’età alla quale possono sperare in un posto fisso:  per 100 mila dottorati all’anno vengono assunti 16 mila docenti e ricercatori.

The disposable academic
Gli studenti se ne accorgono, solo un terzo finisce il dottorato. Nell’accademia dottorandi e post-docs sono manovalanza da sfruttare, ma se ne escono guadagnano in media quanto un operaio edile e nell’arco della carriera un 3% in più di quelli con un breve master. I loro interessi non coincidono con quelli dei prof di ruolo e delle università, conclude l’Economist,

Molti di quelli che s’imbarcano in un dottorato sono i più brillanti del loro corso e saranno i migliori, qualunque cosa facciano… Pochi sono disposti ad ammettere che il sistema in cui entrano potrebbe essere progettato a beneficio di altri, che nemmeno la bravura e il duro lavoro potrebbero bastare per avere successo e che converrebbe loro fare altro. Potrebbero utilizzare i propri talenti per indagare sulla sorte dell’accademico usa-e-getta. Qualcuno dovrebbe farci la tesi.

Tanto più che il materiale non manca, le posizioni nemmeno. Per esempio l’Ocse non è d’accordo, le risulta che investire nell’educazione aumenta il reddito, ma un po’ meno degli anni scorsi (a quanto ricordo).