Qualcuno ricorderà Jacopo Bertolotti: nel maggio 2008 aveva moltiplicato la luce grazie a un disordine orchestrato dai “voli di Levy” finiti in copertina di Nature. Allora era precario al LENS di Firenze, adesso è ricercatore a contratto all’università di Twente, nei Paesi Bassi. Dal 27 aprile è ufficiale: insieme a due dottorandi ai quali fa da mentore e ad altri colleghi ha rivoluzionato (1) il microscopio ottico e smentito un limite teorico.
Fa anche rima.
In nanoscienze si usano microscopi a scansione elettronica e altre diavolerie quantistiche per ricostruire al computer immagini del campione, a partire dalle sue interazioni con dei sensori. Anche il più potente dei microscopi ottici ha un limite di diffrazione, infatti: non fa vedere niente che abbia una dimensione inferiore a metà della lunghezza d’onda della luce. In pratica le lenti normali non raggiungono nemmeno il limite previsto dalla teoria per via delle “aberrazioni” che sfocano l’immagine. Quando si usa un fascio laser per illuminare il preparato è ancora peggio, sulla superficie appaiono puntini a casaccio, fanno aloni e non c’è verso di ricostruirne l’aspetto.
Invitati a nozze da quei puntini, Jacopo et al. hanno realizzato con fosfuro di gallio – ad alto indice di rifrazione – una lente dalla superficie disordinata apposta per sparpagliare la luce. Lo sparpagliamento (scattering) è noto, quindi si può accoppiare esattamente con quello della luce inviata sul campione così da mettere la lente a “nano-fuoco”. Questa ha una risoluzione spaziale di 97 nanometri, due volte migliore delle lenti convenzionali. Siccome è spessa soltanto 400 micron, è pure economica. E siccome è adattabile alle altre tecniche di microscopia, può accrescere la risoluzione dei microscopi confocali usati per mappare in tre dimensioni quel che c’è dentro le cellule.
(1) Hanno anche battuto un record del mondo? L’articolo è arrivato alle Physical Review Letters il 1 aprile e come si vede dal timbro, il 4 aprile ne era già approvata la pubblicazione.