A me sembrano convincenti i risultati degli esperimenti on-line e off-line di Betsy Sparrow et al. sull’effetto Google, anticipati da Science. Ricordiamo dove sono le informazioni più del loro contenuto e se possiamo contare su un’amica per la data del compleanno di un’altra, non la memorizziamo. Proprio come gli studenti che sapevano di poter ritrovare un’informazione in un file del computer o di poterla cercare su internet.
Risultati confortanti: succede anche a me che data l’età ho neuroni meno funzionanti. Ma quelli che sapevano di non poterla ripescare, la ricordavano molto meglio degli altri. Una volta ricordavo la pagina sulla quale avevo letto la frase che volevo citare, adesso se va bene ricordo il capitolo…
Vedo che per altri, la serie di esperimenti
dimostrerebbe che il cervello dell’uomo moderno soffre di un fastidioso “effetto Google” che sostanzialmente produce, con il tempo e la pigrizia mentale, una certa “perdita di memoria” o meglio una sorta di impedimento del cervello per quanto riguarda la funzione del “ricordare”.
Betsy Sparrow non sarebbe d’accordo. Secondo lei usiamo con notevole efficienza la capacità di ricordare il dove, un adattamento sensato per evitare l’information overload.
E’ vero che Google è un deposito monopolista, ma lo era anche l’Encyclopédie o l’E. britannica. Questione di credibilità, autorevolezza e altri giudizi sia soggettivi che collettivi. Semmai è più “fastidioso” un effetto gregge nei social network. Ma sarebbe un discorso lungo, rimando a Sue Halpern, Mind Control & the Internet.
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Profilassi
Alla conferenza sull’AIDS di Roma sono stati presentati altri risultati positivi degli antiretrovirali somministrati per prevenire un’infezione da HIV tra coppie discordanti. Ma non ci sono né i soldi né i mezzi né il personale per distribuire i farmaci ai 34 milioni di sieropositivi, o anche solo alla metà che già basterebbe a interrompere l’epidemia.
E come costringere la gente a prendere farmaci con effetti collaterali quando non è ammalata e quando la maggior parte degli uomini rifiuta d usare preservativi proprio nei paesi a più alto tasso d’infezione? Fino al vaccino…
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Grazie CIA
Non è arrivata alcuna smentita ufficiale, nonostante la fonte della notizia sia l’Inter-Services Intelligence, la CIA afghana – lo scoop del Guardian regge. Nel marzo scorso, insieme ad agenti della CIA il dott. Shakil Afridi, poi arrestato, ha organizzato ad Abbottabad una finta campagna di vaccinazione gratuita contro l’epatite B. L’idea era di procurarsi il Dna dei figli di Osama Bin Laden e di installare qualche microspia.
Infermiere pagate da Afridi hanno somministrato una sola dose del vaccino (invece di tre in altrettanti mesi) ai bambini di un sobborgo povero della città, poi la pantomima s’è spostata nel quartiere chic ed è toccato ai bambini di casa Bin Laden. Pare che Dna niente.
In Pakistan (e altrove, alcuni stati della Nigeria per es.) alcuni movimenti islamici s’erano opposti alla vaccinazione contro la polio organizzata dall’OMS, perché chissà cosa cercavano di inoculare i perfidi occidentali. Risultato: malgrado una campagna governativa per rimediare, quest’anno il Pakistan ha il più alto numero di casi di polio. Scrive Alanna Shaikh su Foreign Policy
La gente si fida ancora del personale sanitario. Nonostante tutto quello che sappiamo della sanità in gran parte del mondo – carenze, discriminazioni, bustarelle, medici che antepongono il proprio interesse a quello dei pazienti – la gente apre ancora la porta quando dici “sono un medico, voglio aiutarvi”.
Per quanto tempo? E’ facile trasformare le cure in armi e lo fanno in tanti.